Innanzitutto la Romania è una repubblica semi presidenziale e dunque il governo del paese viene condiviso dal capo dello Stato e il Parlamento, cosa che può creare difficoltà se i due organi sono dominati da maggioranze diverse. E quando al vertice della gerarchia politica c'è un uomo affamato di potenza e di protagonismo, tanto da sfuggire l'impeachment grazie a dei plebisciti, la pace tra le istituzioni diventa pura utopia.
È andata più o meno in questo modo negli ultimi cinque anni con Basescu, che dopo il referendum che l'ha salvato dalla destituzione nel 2007 (per accuse di manovrare la giustizia a suo vantaggio) ha bissato con quello che si è tenuto la scorsa domenica. Un'amara delusione per il premier Ponta, che non ha brillato per maggiore correttezza con i suoi colpi di mano miranti a cambiare in fretta gli equilibri politici, facendo gridare le cancellerie europee allo spettro autoritario. Difficile dire chi sia più pericoloso tra Basescu e Ponta, l'unica cosa certa è che lo stallo uscito dal voto (sostanzialmente favorevole alla caduta del Presidente, ma invalidato dal mancato quorum) rischia di gettare la già traballante Budapest in un lungo e logorante caos.
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