La storia accade molto lontano, in una città di quel Brasile al di là dell'oceano dedicata al San Paolo dei cristiani. Qui dove la miseria si diffonde a macchia d'olio e con essa la violenza, le carceri si riempiono presto fino a far scoppiare le celle. Una vita che non è semplice fuori dalle sbarre diveniva ancora più terribile a Carandiru, in cui solo i più forti potevano aver speranza di farcela fino in fondo e anche loro prima o poi perdevano la pazienza.
Quando questo accadde esplose una lotta feroce tra loro e le guardie, delle quali riuscirono ad aver la meglio prendendo possesso del loro inferno per chiedere ai carcerieri maggiore umanità. Si dice che quelli non ne vollero sapere, che non ci provarono neppure prima di far entrare i poliziotti armati fino ai denti. A nulla servirono allora le grida di pietà o la resa incondizionata. Spararono, spararono a chiunque. Furono in centoundici a morire e nessuno tra loro aveva la divisa.
A lungo nessuno aveva pagato per questo e al capitano che guidò l'operazione (Ubiratan Guimaraes) non solo venne assolto ma gli fu offerto addirittura un posto di tutto rispetto nella politica. Questo finché un misterioso vendicatore non decise di coglierlo di sorpresa nei suoi appartamenti per porre fine alla sua vita. Oggi il silenzio è stato rotto di nuovo e per fortuna, aggiungiamo noi, alla luce del sole. Un tribunale ha condannato ventitré agenti di quegli eventi a spartirsi 156 anni di prigione per quanto successo a Carandiru. E altri cinquanta di loro dovranno essere giudicati nella speranza che ciò dia alla gente e a chi serba dolore per lutto così insensato un briciolo della giustizia che avevano quasi imparato a scordare.
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