Forza gioventù avrà detto il Presidente per
incoraggiare il nuovo governo, lui che tanto si era angustiato della loro sorte
mentre si riprendeva il fardello del Quirinale tra gli applausi plateali dei
presenti. Scacciato l’Amato di cui la gente non serbava allegra memoria, ecco
dunque Letta il giovane (46 anni) uscito dalle rovine della democratica armata che
si prepara a dar a questa barca senza nocchiero la rotta ch’abbisognava. Ce la
farà dove hanno fallito altri illustri predecessori o s’incaglierà pure lui tra
gli scogli del “nulla di fatto” facendo avverare i disastri evocati da chi nel lieto
banchetto (Grillo) è stato alfine escluso?
Certamente Letta il giovane (e qui lo ripeto perché
come nel Plinio esiste anche un Letta il vecchio, zio dallo sguardo placido che
siede a fianco dell’arzillo Cavaliere) è figura competente e rassicurante al
punto giusto per tessere più di un nodo tra antichi rivali che gli ultimi
eventi già non fanno sembrar più tali. A tal proposito tosto sono arrivati in
tanti (dei nomi, ahimé, non sempre
emananti aria di primavera) a tirarlo per le maniche alla ricerca di una
poltrona qui e di un’altra là. Lavoro davvero ingrato il suo che deve accontentar
tutti e riuscire pure a creare una macchina che sia in qualche modo efficiente,
al posto di un mostro dalle teste che si azzannano tra loro com’è facile da
prevedere.
Non vorremmo poi che a qualcuno l’accordo faccia
solo comodo per prender tempo, per mettere davanti all’urgenza il suo miope
egoismo. Ad esempio trovando una scusa per togliere il tappeto da sotto i piedi
a questo ragazzone dall’aria coscienziosa e richiamare le urne cercando tra i soliti
nostalgici dell’età dell’oro un plebiscito che lo faccia tornare in sella senza
dover più rendere conto a nessuno. Ciò non vuole certo scoraggiare il nostro
giovane amico, ma metterlo in guardia affinché le belle parole pronunciate con
tanta passione dal Napolitano servano a qualcosa invece di perdersi nell’aria come le ovazioni di coloro che
pur approvando in fondo non gli credevano.
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