Nell'India in piena espansione (o meglio boom incontrollato) demografica c'è ovviamente tanto bisogno di costruire e per farlo servono risorse tra cui appunto la sabbia. Poi naturalmente in questi casi esce sempre fuori qualcuno che per risparmiare tempo e costi decida di estrarla direttamente dai fiumi come l'Hindon e lo Yamuna (Uttar Pradesh) in quantità industriali e senza preoccuparsi delle conseguenze a livello ambientale.
Nagpal aveva compreso che questo sfruttamento privo di freni stava erodendo il suolo e modificando il corso dei fiumi. Per questo aveva fatto uso del suo potere di funzionario pubblico per lanciare una campagna contro la 'lobby della sabbia', arrivando a sequestrare centinaia di macchinari e ad arrestare decine di colpevoli.
Improvvisamente come un fulmine a ciel sereno arriva la sospensione per la demolizione di una moschea, ma ben pochi credono alla versione ufficiale. I media in particolare sono convinti che la ragione del suo allontanamento sia il disturbo che aveva creato a chi era legato a questo commercio e c'è chi punta il dito direttamente al potente partito Samajwadi, il quale per bocca di alcuni suoi esponenti sembrava effettivamente irritato da questa giovane zelante.
Il caso - a differenza del vicino cinese dove il governo nei suoi piani di sviluppo predomina ancora tranquillamente sui fattori di sostenibilità - adesso è ben lontano dall'essere taciuto grazie non solo alla copertura mediatica, ma anche all'intervento di politici come il capo del Partito del Congresso indiano, Sonia Gandhi, che ha domandato al primo ministro Singh un trattamento giusto per Nagpal. Riuscirà la legalità ad avere la meglio sui ghiotti affari?
Nessun commento:
Posta un commento