sabato 26 ottobre 2013

Arabia Saudita - Women2drive, la rivolta delle donne al volante

"Guidare fa male alle ovaie e fa nascere bimbi deformi". È questo il genere di argomentazioni che alcuni leader religiosi sauditi oppongono al diritto delle donne di poter guidare un'auto. Si tratta probabilmente della restrizione più nota al grande pubblico sulla difficile condizione femminile in Arabia Saudita, dove è stata organizzata proprio oggi una manifestazione di massa chiamata Women2drive. In quest'occasione le donne che avranno abbastanza coraggio si metteranno in macchina per girare lungo le strade del paese sfidando una società che in realtà gli deve molto più che la possibilità di essere alla guida.






Non è la prima volta che le donne in Arabia Saudita organizzano una cosa del genere. Già una ventina di anni fa una quarantina di loro avevano osato guidare nella capitale Ryad, venendo arrestate e persino licenziate dai loro impieghi nell'amministrazione pubblica. Due anni fa sali invece agli onori della cronaca l'attivista Manal al Sharif che per la sua rivolta su quattro ruote venne arrestata una decina di giorni, divenendo però un simbolo per molte sue connazionali. 
Alla fine nonostante il coraggio dimostrato nell'indire una nuova campagna, le donne hanno rinunciato a rendere la protesta troppo pubblica per via delle continue minacce di rappresaglia da parte delle autorità. Non per questo alcune di loro hanno resistito alla tentazione di farsi un giro e documentare l'evento mostrando come la gente sia molto più tollerante del previsto nel vedere una di loro infrangere questo divieto. 
Del resto un segnale di distensione verso le donne è venuto anche dalla famiglia reale che ha acconsentito di concedergli il diritto di voto alle elezioni municipali a partire dal 2015 e anche di essere nominate al Consiglio dello Shura, una camera di consiglieri del Re che però in concreto avrà ben pochi poteri in quello che è uno degli ultimi sistemi assolutisti al mondo. Di strada da fare ne resta ancora molta, ma il fatto che le protagoniste di questa svolta necessaria ne abbiano preso consapevolezza nonostante la mentalità imperante è già un grande passo in avanti.


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