venerdì 18 ottobre 2013

La schiavitù all'alba del terzo millennio

Secondo un rapporto dell'organizzazione australiana Walk Free Foundation nel mondo ancora oggi esisterebbero trenta milioni di schiavi. Un dato in che almeno in Occidente, dove la lotta per l'uguaglianza di tutti gli uomini ha segnato gli ultimi due secoli, suonerebbe incredibile ma non troppo. Anche paesi virtuosi come l'Islanda o il nostro infatti hanno il loro buon numero di schiavi.




I numeri parlano di quasi 14 milioni di schiavi in India, 3 milioni in Cina, 2 milioni in Pakistan, 500.000 in Russia fino agli 8.000 che si troverebbero in Italia. 
Emblematico è il caso della Mauritania, in cui gli schiavi comporrebbero il 4% della popolazione e addirittura ereditano la loro condizione come succedeva ai tempi dell'antichità. In quest'ultimo paese in particolare nonostante esistano leggi che puniscono gravemente questo costume, esso è talmente radicato nella mentalità locale da convincere gli stessi schiavi che non esiste migliore condizione della propria servitù. 
Spesso però una condizione del genere non emerge alla luce del sole, ma si traduce in realtà di sfruttamento che interessano tanto i paesi emergenti che quelli sviluppati, dove la caccia al profitto va a discapito della sicurezza e la dignità sul lavoro. Forse i dati sono più evidenti nei paesi in via di sviluppo perché questa realtà è stata più volte documentata come qualche mese fa nei crolli delle fabbriche in Bangladesh. Quante realtà di questo tipo magari avvengono nei paesi come il nostro, non solo sugli immigrati ma sugli stessi italiani che scontano la debolezza di uno Stato per il quale è più importante quadrare i conti e alzare il PIL che preoccuparsi del benessere di chi rappresenta. 



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