giovedì 10 ottobre 2013

Italia - Giuseppe Verdi, la gloria immortale di un maestro che fa bene agli italiani

C'è una scena nel film Novecento di Bertolucci, più precisamente quella iniziale in cui il servo gobbo Rigoletto di ritorno alla proprietà dei suoi padroni annuncia ad un pubblico assente (in sostanza sta parlando da solo) la morte di Giuseppe Verdi, avvenuta proprio lo stesso giorno in cui nasceranno i due protagonisti Alfredo e Olmo. Si è appena chiusa un'epoca e se ne sta aprendo un'altra che metterà tragicamente a nudo le contraddizioni mai del tutto risolte del nostro paese. 








Oggi ricorre il bicentenario dalla nascita di uno dei più grandi compositori della storia della musica che per noi italiani in particolare è stato anche un protagonista risorgimentale importante quanto il conte Cavour, Garibaldi o Mazzini. Tra gli aneddoti più conosciuti sul genio di Le Roncole abbiamo quello del pubblico che lo acclamava a teatro al grido di "Viva Verdi!", intendendo in realtà dire con ció 'Viva Vittorio Emanuele Re D'Italia'. E poi quello che vedeva nelle parole del Nabucco un grido di dolore per la patria tanto agognata da un popolo che dopo varie vicissitudini e guerre riuscì finalmente a trasformare il sogno in realtà.
Verdi veniva da un momento storico (il ventennio 1830-1848 soprattutto) dove le idee e il desiderio di libertà avevano una purezza che rasentava l'ingenuità e non era ancora caratterizzata dalla razionalità scientifica del marxismo-comunismo delle generazioni che si avvicinavano agli orrori del Novecento. Basta ascoltare la sua musica per sentire qualcosa di nobile ed eroico che anche oggi è capace di travolgere l'animo come un fiume in piena salvo poi lasciargli una malinconia paragonabile a quella di chi sperava di cambiare il mondo ma non c'è l'ha ancora fatta.
Forse fu proprio questa disillusione - specialmente quella di un'Italia unita che nella sua classe dirigente si rivelò ben al di sotto delle aspettative di chi l'aveva costruita con sangue e sudore - che a lungo andare spinse gli intellettuali e con essi il popolo a deragliare sul fascismo. Alle grandi speranze di un tempo si sarebbero sostituite le passoni più vili e ignobili che non avrebbero esitato ad abbracciare pregiudizi estranei al sentire comune (antisemitismo in primis) per meri calcoli politici. Poi vi fu il disastro, ma anche la rinascita e l'Italia anche se stretta nell'abbraccio atlantico sembrò tornare degna del miglior Risorgimento.
Oggi viviamo nuovamente una fase difficile, umiliante e per questo celebrare oggi un grande come Verdi non dev'essere soltanto una ricorrenza che fa numero, ma il ricordo di come questo Paese se vuole è stato e può tornare ad essere grande.




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