martedì 31 dicembre 2013

Israele - Grazia in cambio di pace. Ma i coloni avanzano in Cisgiordania

È di poche ore la notizia che il governo israeliano ha rilasciato 26 detenuti palestinesi condannati a 20 o 30 anni di carcere per le violenze commesse prima degli accordi di Oslo del 1993, quando l'Olp venne finalmente riconosciuto come interlocutore da Israele.
L'atto di clemenza s'inserisce in realtà nel solco dei negoziati tra israeliani e palestinesi promossi dal segretario di Stato americano John Kerry, di cui è previsto nei prossimi giorni l'arrivo in Medio Oriente per rilanciare un processo di pace rimasto ultimamente nel dimenticatoio. Ma ciò che il premier Netanyahu ha concesso con una mano è molto meno di quanto sta nel frattempo prendendo con l'altra.
Nonostante le immagini di tripudio e gioia che stanno accompagnando il rilascio dei prigionieri 'eroi' palestinesi - che segue altre due tranche di agosto e ottobre e ne precede una quarta per un totale di 104 detenuti da scarcerare - il gesto israeliano pare non aver soddisfatto il presidente dell'Autorità palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen). Abbas, un politico comunque indebolito a causa della concorrenza del movimento Hamas, chiede la liberazione di tutti i prigionieri come precondizione per qualsiasi discussione futura.
Se sul fronte prigionieri la situazione non è ancora del tutto risolta, quella degli insediamenti ebraici in Cisgiordania sta vedendo addirittura un peggioramento. In corrispondenza di queste scarcerazioni le autorità israeliane hanno legalizzato centinaia di abitazioni e villaggi tra Gerusalemme Est e la valle del Giordano, consolidando così la presenza di coloni che a lungo andare userebbe la forza dei numeri per svuotare di significato ogni rivendicazione territoriale palestinese. 
Può quest'ambiguità di fondo promuovere il raggiungimento di un accordo? Difficile pensare che i palestinesi si accontentino del contentino di riabbracciare qualche vecchio amico per seppellire gli antichi rancori. E forse lo sa bene anche il premier Netanyahu, a cui non importa molto se con questi contentini gli attirano la rabbia della destra nazionalista. Quel che conta per lui in fondo è guadagnare tempo per costringere la comunità internazionale ad accettare il fatto compiuto.


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