venerdì 9 dicembre 2011

Vent'anni dopo l'Urss, la Russia rispolvera i carri armati in piazza

L'8 dicembre 1991 veniva firmato a Belavezha l'atto che sanciva la scomparsa dell'Unione Sovietica e poneva fine non solo ad una superpotenza ma anche ad un sistema politico dai meccanismi rigidi ed oppressivi. E quando il successivo 26 dicembre venne definitivamente ammainato il rosso telo del comunismo per lasciare il posto al nuovo tricolore bianco, blu e rosso, si alimentarono fin da subito le speranze che anche la Russia si sarebbe aperta al libero mercato, ma innanzitutto alla democrazia.
Ora sono passati vent'anni da quel doloroso passaggio e guardando all'economia si può affermare tranquillamente che molte cose sono cambiate: la Russia di oggi è un protagonista rilevante dello scenario economico internazionale, grazie alle sue sterminate (ma non eterne) riserve di idrocarburi con cui alimenta Occidente e Oriente e ai suoi stretti legami commerciali con l'Europa, a cominciare dal nodo tedesco.
Si può dire lo stesso della politica? A ben vedere pare di avere di fronte la parodia di uno stato democratico tra leader osannati a livelli quasi staliniani, una stampa imbavagliata ed elezioni palesemente sabotate. Ci sarebbe anche da sorridere se non fosse giunta la notizia che Mosca potrebbe essere presidiata addirittura dall'esercito e dai carri armati. Direi che lo Zar Putin sta decisamente esagerando. Il malcontento verso di lui è senza dubbio aumentato, ma non ancora al punto da minacciare la sua posizione. Ha senz'altro fallito miseramente nel presentare al pubblico un risultato elettorale "credibile" e le proteste sono il minimo che poteva aspettarsi. Speriamo solo che il suo nervosismo non conduca ad una versione moscovita di Tiananmen.

P.S.
Il ventennale dalla dissoluzione dell'Urss merita comunque di essere ricordato con quello che considero come uno degli inni nazionali più belli della storia (non a caso è stato ripristinato anche come inno dell'attuale Federazione Russa, sebbene con un nuovo testo):




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