domenica 19 febbraio 2012

Bedrich - I



Tanti anni fa, ai tempi di sua Maestà Rodolfo d’Austria, c’era un pover’uomo di nome Bedrich che versava troppo sudore per la sua terra. Quant’era ingrato questo campo con quelle zolle che non si rompevano, quante bestemmie prima che si girassero soltanto! Maledetta fatica, si ripeteva il disgraziato, ma senza bestie né dispensa aveva forse di che scegliere? Meglio non pensarci troppo o il campo ci mette poco a diventar duro come roccia.
Si finisce un bella buca, vi si gettano due o tre semi, e mentre con le mani la richiude si mette anche ad implorar il Signore. Prego la tua benevolenza, dice quasi solenne, restituiscimi qualcosa di questa pena. E formato un mucchietto di terra riprende tosto la zappa, andando ad aprire poco più in là un’altra fossa. 
Passa la giornata e il sole inizia a scendere lungo l’orizzonte. Il buon Bedrich ormai sazio di lavoro raccoglie gli attrezzi e s’incammina verso il meritato riposo, anche perché col freddo di allora conveniva tornar presto per non rischiare un malanno. Almeno la casa ce l’aveva vicina da dove si spezzava la schiena, tanto che se il cielo era limpido poteva vedere bene quella e pure il cortile delle galline che vi aveva costruito appresso.
Chissà se la moglie aveva provato a cercarlo, si domandò, magari sbirciando da una finestra, ma non ci sperava. Entrato in casa la trovò come sempre a riposare sul giaciglio, girandosi pian piano per salutarlo con voce molto debole. Quand’egli vide, seppur per breve istante, quei suoi grandi occhi chiari tornar luccicare gli mancò il respiro, perché nonostante la malattia ella manteneva ancora traccia della bellezza che l’aveva incantato. Di fronte a tale vista si convinse che valeva la pena di sopportare ogni genere di fatica, tutto per esaudire la speranza di rivederla in piedi un giorno e di nuovo sbocciata.  
Dimentico di ogni cosa le si avvicinò per carezzarle il viso e giocare con le ciocche di capelli che le si sparpagliavano sulla fronte. Gli piaceva star così e chissà quanto vi avrebbe indugiato, se non fosse stato per una corrente insensibile venuta da fuori a raffreddargli il corpo e finanche il cuore. Schiacciato da questa gelida tristezza si alzò e raggiunse il focolare, che bisognava pure accenderlo o la notte non lasciava scampo. Una fiamma che scoppietta è comunque un gran balsamo ai dolori, che la si guardi da seduti o se ne ascolti il crepitio come il buon Bedrich che stava in piedi a preparar la cena. E che pasto con quello che si trovava dentro la credenza: una pagnotta indurita e una manciata di verdure ingiallite e morsicate da topi e insetti.
Quella sera si accontentò, ma non la mattina seguente perché con il rimanente sua moglie non ci poteva davvero andare avanti. Decise che avrebbe lasciato perdere il campo per qualche tempo, di avventurarsi tra i villaggi alla ricerca di qualcosa più degno di essere mangiato. Si preoccupava giusto di non far rumore per lei, ch’era immersa in un sonno talmente quieto che solo il movimento della coperta rassicurava davvero del suo respiro. Per avvertirla bastava lasciare un paio di scarpe sulla finestra e lei  avrebbe saputo che aspettarlo prima del tramonto era inutile.
Di fuori soffiava un’aria ancor più gelida dell’interno e Bedrich per ripararsi si mise sulle spalle una mantella di lana, più il berretto pesante. Ieri al campo non se li era portati sicuro com’era di riscaldarsi con la zappa, ma adesso che c’era da camminare molto non poteva proprio farne a meno. Quanto odiava il freddo di questa terra.



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