mercoledì 15 febbraio 2012

L'immortale (?) Sanremo


Sono anni che mi domando come faccia ancora a sopravvivere un festival come Sanremo. Sarà il senso delle istituzioni che spinge la Rai a mantenere in vita una vetrina che dopo la bellezza di 61 anni è diventata così opaca che difficilmente vi possiamo ancora leggere attraverso (con le canzoni, per intenderci) lo spirito della società.
I tempi sono cambiati e potremmo stare ore a parlare di come la musica abbia perso l'anima, che il pop ha scavalcato impietosamente il rock e via dicendo. Parliamo piuttosto di come certe abitudini/tradizioni fatichino a tramontare, anche perché alla Rai non è che sia rimasto molto per distinguersi da concorrenti che per l'occasione osservano una sorta di religioso rispetto e danno il peggio di sé per non rischiare di oscurarlo.
Anche così è facile accorgersi che il senso che animava questa passerella è andato perduto da molto tempo. L'essenziale di Sanremo non è la musica, ma come le decine di premi e festival condotti dal Carlo Conti di turno serve a far girare qualche miliardo, potendo contare rispetto ai fratelli minori di operazioni-spettacolo come un Celentano che suona sempre più irritante nel suo ruolo di guru plurimiliardario. E ci sarebbe molto altro da dire, ma non voglio dare troppa soddisfazione al festival. In fondo esso gioca molto su un celebre motto: bene o male, purché se ne parli. 

P.S.
Aldo Grasso nel suo articolo di oggi si domanda come mai per i conti si possono sacrificare le Olimpiadi di Roma, ma non anche Sanremo. Perché, mi chiedo provocatoriamente io, non si poteva fare il contrario?

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