Era
un giorno come gli altri, tranne che il padrone lo evitava più del solito. Sarà
stanco, si disse Bedrich, con i fumi del vino a martellargli ancora la testa.
Proprio per questo si preoccupò più di fare un buon lavoro, dopo che per due
volte la sbornia aveva mal guidato la sua mano provocando più danni che bene. Per
fortuna che Mastro Peter ebbe il buon cuore di perdonare quel povero diavolo diventato
vedovo quasi nel fiore degli anni, forse ci si stava affezionando perché i due
potevano essere tranquillamente padre e figlio.
Un
figlio però già c’era, anche se era più giovane e più fannullone di quello adottato,
e ovviamente Mastro Peter lo voleva avviare da tempo al mestiere di famiglia.
Quando Bedrich era entrato lo aveva visto occuparsi di poca cosa, come prestare
gli oggetti al genitore o andare a consegnare gli oggetti riparati. Ma da
quando la buon’anima di sua moglie era salita in cielo, il servetto aveva già cominciato
a farsi le ossa! Ora anche lui si metteva a segare legni e a montarli per
costruire mobili e anche se l’arte non era buona come la loro, il padrone
osservava soddisfatto i progressi del bottegaio di domani.
Bedrich
cercava di tenersi buono il moccioso, sperando che dopo il ritiro del padre lo
tenesse in negozio. Ma era vana precauzione, perché fu il vecchio a dargli lo
smacco. A fine giornata lo chiamò per la prima volta per nome, facendolo sedere
sul tavolo da lavoro e giungendo le mani sul banco con lo sguardo chino.
“Non
posso più tenerti con me” disse senza guardarlo.
L’emozione
fu così forte che a Bedrich mancarono le parole, ma non gli occhi pieni di rabbia
verso quell’uomo. Mi guardasse almeno in faccia, si domandò furibondo, e sbatté
una mano sul tavolo per costringerlo ad alzare il viso. Ma al padrone non
mancava il coraggio e gonfiò subito il petto per dimostrare che raccoglieva la
sua sfida.
“Perché
mi stai cacciando? Non lavoro forse bene?” chiese allora Bedrich.
“Non
è questo, sono gli affari a non andare bene e non ce la faccio a mantenere due aiutanti!”
rispose Mastro Peter.
Bedrich
rimase senza parole. Voleva tenere quell’idiota del figlio invece di lui che
era tre volte più bravo? Neanche gli chiedesse un pollo al giorno per quanto si
spaccava la schiena! Ma poteva parlare quanto voleva, tanto il vecchio aveva
già deciso e gli aveva preparato un sacco di provviste che stando attenti ci
poteva mangiare almeno una settimana. Un modo gentile per toglierselo di torno.
Non
fece complimenti e salutò Mastro Peter passando per il paese in silenzio e con
il sacchetto tenuto a spalla. Ma più si addentrava nelle campagne e più l’astio
lo faceva ribollire e quando esplose iniziò a correre con la bocca che
schiumava di rabbia, prendendo a calci i sassi, sollevando nuvole di polvere e fermandosi
di botto per mettersi a pestare i piedi come un indemoniato. Che vada al
diavolo lui e la sua pietà, pensò mentre tirò fuori il contenuto del sacco e lo
gettò via con sommo disprezzo.
Promise
a sé stesso di non tornare mai più in quel dannato paese e avrebbe abbandonato
anche la sua casa, dove c’erano ad attenderlo solo brutti ricordi e forse una
maledizione. Se ne doveva andare da lì, non importa dove, ma lo avrebbe fatto
quel giorno stesso.
Per leggere la storia dall'inizio cliccare su C'era una volta Bedrich
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