domenica 1 aprile 2012

Bedrich - VII



Non lontano dalla chiesa dove il buon Bedrich alloggiava c’era infatti un paese come quello che aveva abbandonato e non mancavano i fedeli che arrivavano fino alla chiesa per confidarsi con il prete. Ma oltre i peccati, raccontavano anche voci e accadimenti, di cui alcuni molto interessanti Pare, dicevano in molti, fosse arrivato un esercito che grazie a Dio non era ostile, anzi gli ufficiali si erano piazzati in mezzo alla strada perché cercavano uomini che si proponessero di combattere alla guerra.
Cosa poteva mai sentire lui che bramava una via più retta del suo triste passato. Ad ascoltare certe chiacchiere il cuore gli si accese come con una scintilla, e saltando giù dal letto si precipitò fuori a domandare di condurlo da questi soldati. Davanti a lui erano arrivati già altri tre volenterosi e uno stava pure litigando con quello al tavolo peggio di un cane rabbioso.   
“La paga è anticipata, mio buon amico!” ci teneva ad assicurarlo lo scrivano mostrandogli in faccia una bella moneta “E ben più, oltre alla gloria, vi sarà dato una volta a Mosca!”
Bedrich si mise dunque in fondo e toccò la spalla a quello davanti per sapere chi fossero i soldati, che guerra si combattesse, tutto quello che gli veniva in mente. Gli fu detto che si stava reclutando per Sua altezza re Sigismondo di Polonia e non si era sentito altro in giro, ma questo fu sufficiente a rendergli causa davvero giusta..
Che gl’importava di conoscere il resto, combattere per un Re era un motivo più che nobile, e stringendo i pugni nell’impazienza di menar le mani attese il suo turno fino al tavolo. Qui volle impressionare lo scrivano salutandolo con tono fiero e vanaglorioso, ma l’altro, stanco o forse indifferente a quelle pose, gli chiese solo nome e anche la sua specialità. Da impettito com’era Bedrich ne restò imbarazzato, perché non sapeva che rispondere non capendo in verità molto di armi e roba simile.
“Va bene, fanteria!” risolse allora lo scrivano “Mettiti in quel gruppo là”
E dopo avergli dato un paio di monete gli indicò alcuni giovani tenuti a vista da un soldato in piedi  pronto già a dar battaglia. Armatura, elmetto e una picca alta più di un uomo, tale imponenza lo lasciò ammirato e mentre aspettava il momento di partire s’immaginava anche lui armato fino ai denti ad affettar nemici per il suo re.
Uscirono in venti dal villaggio e nel seguire gli accompagnatori che li scortavano Bedrich si ricordò di aver salutato il prete che l’aveva ospitato. La nuova avventura gli aveva fatto scordare ogni cortesia e adesso era di nuovo solo, ma c’era chi tra i compagni si lasciava alle spalle ancora meno.   Non ci fu alcuni che si degnò a salutare chi se ne andava, dovevano essere tutti senza famiglia o amici a cui mancare. Deprimente nevvero, ma non c’era da rattristarsi più del dovuto, perché nel campo dei mercenari la solitudine era il minore dei loro problemi.
Nessuno di loro aveva mai visto tanta gente e bestie ammucchiate all’aperto e pure così che c’era una puzza molto peggio che in una stalla. Col fatto poi che i soldati stavano a parlare tutti assieme non si riusciva a capire quasi niente di quello che ti diceva un compagno, a meno di non avvicinarsi all’orecchio come si fa con i sordi. C’era da avere paura a vivere in questo modo e infatti parecchi dei nuovi si guardavano attorno   disturbati, tranne uno ed era Bedrich, che in quell’inferno vedeva l’anticamera di un'improbabile redenzione.

Per leggere la storia dall'inizio cliccare su C'era una volta Bedrich  

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