Qualche anno fa fu posto all’attenzione del grande pubblico un film surreale e apocalittico: 300, diretto da Zachary Edward Snyder e ambientato nel 480 a.C. al tempo della battaglia delle Termopili. Adattamento cinematografico del graphic novel 300 (è stato infatti girato con la tecnica del chroma key per riprodurre le immagini dell’originale) fu ispirato a sua volta a un altro film: The 300 Spartans.
Il film riscosse un grande successo di pubblico concentrandosi sul racconto semi-storico della battaglia tra un’alleanza di città-stato greche e l’Impero persiano degli Achemenidi. Qualche anno più tardi, nel 2010 e nel 2011, altre due pellicole, basate sulla stessa impronta stilistica, Scontro tra Titani e Immortals non hanno però goduto dello stesso apprezzamento da parte del pubblico che li ha, di fatto, bocciati al botteghino. Ci si è interrogati sul motivo di un tale flop commerciale. Più che processare d’insieme il genere “fanta-storico”, mescolato al surrealismo apocalittico del cinema contemporaneo, la via più adeguata per stabilire cosa non ha funzionato è percorribile solo analizzando la rappresentazione visiva e concettuale che in queste pellicole si fa dell’ultraterreno, va destrutturata dunque la deificazione dell’umano e il suo relativo peso nella vita dei guerrieri di turno.
L’elemento determinante che crea epicità nei testi scritti, così come nella loro riconversione in immagini, è la capacità di costruire miti e divinità senza volto, senza una definita identità corporale: solo l’eroe può esser rappresentato con una precisa corrispondenza individuale. Il fulcro dell’epica in letteratura, ma anche nella sua dimensione cinematografica, è costituito dalle gesta dell’eroe che è sempre il personaggio più forte, brillante o astuto (Achille per la forza, Odisseo per l’astuzia, Ettore per la devozione alla patria, Enea per la pietà, Leonida per il coraggio, Teseo per la dedizione e la caparbietà) lasciando invece al Dio scarse possibilità di mostrarsi palesemente se non in qualche forma sporadica e congeniale alla situazione.
C’è però da notare che questo elemento divide la letteratura e il cinema in termini di rendita spettacolare: se infatti leggendo un testo possiamo immaginare nelle nostre menti l’incanto di una divinità che si palesa, nel cinema l’immagine non ci permette nessun lavoro fantasioso lasciandoci dunque in balia delle scelte artistiche di registi che, spesso, banalizzano e rendono fin troppo chiari i limiti di una rappresentazione troppo concreta di un Dio che, così mostrato, finisce per perdere tutto il suo valore, il suo fascino.
In 300 l’elemento soprannaturale è soltanto accennato, è presente nelle “vie” del mistero ma non è mai chiaramente palesato, generando un’atmosfera grandiosa e spettrale che rende la storia coinvolgente e intrigante e anche abbastanza verosimile (sottolineando abbastanza). Nel film Immortals, Tarsem Singh costruisce intorno a Teseo, eroe scelto da Zeus per affrontare e sconfiggere il re cretese Iperione, una dimensione dove gli oziosi Dei sono impersonati da uomini e donne scultoree preoccupati solo di non intervenire nell’ordine degli eventi umani ma che non resistono alla tentazione di intromettersi e di rimediare all’immaturità della razza umana attraverso un massiccio aiuto soprannaturale.

Il positivo e catartico rapporto che con la divinità si instaura nell’arte e in particolare nella rapresentazione scultorea di un mito non può, in definitiva, ritrovare consensi nella sua rappresentazione diegetica, immaginifica.
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