martedì 24 luglio 2012

Eurosfascio?


Passata l'euforia delle elezioni di maggio e giugno, che facevano ben sperare in un rilancio del progetto europeo dopo l'ondata di rigore che l'aveva asfissiato, siamo arrivati verso un agosto infuocato da un'Unione più debole che mai e incalzata da tutte le parti. Da dove possiamo cominciare?
Dalla Spagna dove le regioni autonome di Valencia e della Catalogna chiedono soccorso al governo centrale per non finire del baratro e i bonos galoppano oltre quota 600? Dall'Italia che vede il governo dei tecnici ostaggio di partiti impazienti di ricominciare il solito teatrino condito da ambizioni presidenzialiste e ricandidature che vanno e vengono per la gioia dello spread che vola sopra i 500? Dalla Francia in cui la rinascita di Hollande stenta a decollare e i campioni dell'industria continuano a perdere terreno com'è successo alla Peugeot e alla Citroen costretti a licenziare migliaia di dipendenti? O dai paesi germanici leggermente scossi dalla revisione di Moody's del loro outlook da "stabile" a "negativo", magari perché la Grecia complice per l'ennesima volta è sul punto di uscire dall'Eurozona complice una leggerezza da parte dei membri forti di prospettare l'eventualità?
Federico Fubini sul Corriere ha paragonato un simile scenario alle micce che hanno causato la disgregazione di federazioni come quella sovietica o jugoslava. Non è così improbabile se la Bce e l'Ue non si daranno una svegliata con interventi tipo il fondo salva-stati o lo scudo anti-spread, rimasto al palo dagli accordi di giugno. L'Europa infatti continua ad essere sonnolenta in attesa di un'illuminazione o del botto finale. Anche se nessuno ha da guadagnarci in questo ristagno, tantomeno il Bund.


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