martedì 3 luglio 2012

Registi a confronto: Steven Spielberg e Robert Zemeckis

“..Se i miei calcoli sono esatti, quando questo aggeggio toccherà le 88 miglia orarie ne vedremo delle belle, Marty” (Emmett Brown).
Quante volte vedendo e rivedendo Ritorno al Futuro ci si sarà chiesti quale è stata la ragione di questo successo straordinario, quale il segreto di un film che ha appassionato e appassiona ancora nonostante siano trascorsi 25 anni dal suo debutto sullo schermo? La risposta è complessa ma allo stesso tempo abbastanza evidente.
Ciò che ha reso la pellicola capace di divertire almeno 3 generazioni di ragazzi è il risultato creativo dell’incontro artistico tra il regista Robert Zemeckis e un genio del cinema di fama internazionale: Steven Spielberg.

La forza creatrice del regista dello Squalo, al servizio della fantasia di Zemeckis, ha creato qualcosa che basa la sua efficacia sulla casualità dei personaggi inseriti in un contesto straordinario. In quasi tutti i film di Spielberg, ad esempio ET, è al teenager qualunque che il destino fa capitare il fatidico incontro con l’alieno. Questa idea torna in Ritorno al Futuro: un ragazzo anni ’80 qualunque vive un esperienza unica trovandosi per caso catapultano 30 anni indietro nel tempo. Ciò permette un avvicinamento esponenziale alla fantasia delle persone comuni che riescono a sviluppare una catarsi efficace. Il processo di immedesimazione risulta maggiormente qualitativo e coinvolgente appassionando di fatto il pubblico che, non è un elemento che si deve dar per scontato, ha amato anche i due sequel successivi.
C’è inoltre un elemento comune alle due esperienze realizzative: entrambi i registi ambientano le proprie storie in cittadine molto piccole, creando un clima appartato e famigliare in cui vivere tutte le sensazioni legate al film. C’è un clima di intimità e di riservatezza, un guscio protettivo in cui rifugiarsi per sognare. E’ presente inoltre una voluta fusione di 3 diversi elementi: fantascienza, comicità e fantasia, il tutto unito da uno sguardo sbarazzino e semplicistico che rende la storia lineare, ma allo stesso tempo affascinante, anche grazie alle splendide atmosfere create dalle musiche di Alan Silvestri.


Se per quanto riguarda la macchina del tempo inizialmente si era pensato ad un frigorifero, la scelta dell’automobile fu condivisa anche da Spielberg che vedeva nell’auto il simbolo di libertà ed emancipazione contribuendo ad identificare un periodo. Era insomma la proiezione e la continuazione di Marty Mc Fly: si poneva a metafora del clima appartato che sembra predominare nel film.
Ritorno al futuro è un film sul tempo ma è di fatto fuori da esso, sembra sospeso in una non ben determinata dimensione spazio-temporale e questo ne giustifica il successo anche oggi. Stilisticamente fu una trovata geniale: inventare completamente un mondo e una città senza dare nessun punto di riferimento sulla realtà circostante ha posto questa storia sospesa e accessibile a qualsiasi generazione presente e futura.

Come ne Lo Squalo e in saghe come Indiana Jones l’eroe è sempre la persona comune, l’uomo che non ti aspetti ma in questo caso (e qui entra a pieno merito Zemeckis) il dualismo Dottore –Adolescente crea una variegata sequenza di situazioni diegeticamente definite che rendono i 2 personaggi coprotagonisti, entrambi uniti dalla forza simbolica dell’automobile il cui spazio interno è l’unico a invariare nel corso della storia. È dunque una specie di altra dimensione nella quale immergersi e confrontarsi.

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