Rispetto ai fatti storici l'opera di Guanzhong offre una rappresentazione molto idealizzata della fazione Shu guidata dal condottiero Liu Bei, presunto discendente della decaduta dinastia Han (l'equivalente in Asia dell'impero romano) e raffigurato come l'incarnazione del sovrano giusto e altruista destinato a soccombere per la spietatezza (i Wei della famiglia Cao) e il tradimento (i Wu dei Sun) dei suoi rivali.
Nella sua lista infinita di sequel ed espansioni il marchio Dynasty Warriors ha accompagnato la bellezza di tre generazioni di console e ha ispirato titoli di tutt'altra ambientazione come la guerra dei Cent'anni, il periodo Sengoku giapponese (XVI secolo), le battaglie dei Gundam e persino un'icona anime degli anni ottanta come Ken il guerriero.
Il debutto ufficiale risale ai tempi della mitica PlayStation One, con un picchiaduro tutto sommato anonimo che s'ispirava a Tekken e vedeva affrontarsi una dozzina di personaggi dell'epoca più due special guest inserite giusto per attirare l'attenzione del pubblico nipponico essendo state pescate tra le figure più note del Giappone feudale. Fu l'unico titolo per le macchine a 32bit e non sbarcò nemmeno sullo sfortunato Sega Saturn, vincolando i destini della Koei alla Sony fino al secondo capitolo (e forse sarà così anche per l'ottavo) che uscirà tre anni dopo l'originale introducendo le meccaniche che lo caratterizzeranno fino ad oggi.
Dynasty Warriors 2 fu uno dei giochi che debuttarono assieme alla nuova PlayStation 2 ed ebbe il merito di rigenerare il genere hack and slash che piombò definitivamente nella terza dimensione. Rispetto al primo i personaggi erano più del doppio e furono suddivisi a seconda della fazione a cui appartenevano, consentendo così al giocatore di vivere la storia dei Tre Regni secondo la prospettiva di ciascuno di essi. Il gioco era pieno di difetti sia tecnici che di giocabilità, ma riscosse comunque un discreto successo e aprì le porte al terzo capitolo che avrebbe consacrato la serie.
Il quarto capitolo si concentrò principalmente sul lato tecnico e fece storcere il naso a molti che lamentavano un minor numero di nemici sullo schermo, un sistema di equipaggiamento limitato e un'avventura in singolo che era quasi la stessa per tutti. Difetti che vennero in parte colmati con il rispettivo Xtreme Legends, a cui seguì una nuova espansione di stampo più strategico chiamata Empires.
L'ultimo episodio della PlayStation 2 rappresenta un tentativo di tornare ai lustri del terzo, aggiungendo qualche nuovo personaggio e un relativo tatticismo alle battaglie con varie tipologie di basi da conquistare sul campo per influire sul morale degli eserciti. Nel complesso risulta tuttavia mediocre e dalla grafica meno pulita del predecessore, iniziando quella fase di declino della serie che il passaggio alle nuove macchine non riesce inizialmente ad invertire. Dynasty Warriors 6 si candida infatti come il peggior episodio della serie in assoluto avendo meno personaggi, uno stravolgimento delle meccaniche piuttosto discutibile e un comparto tecnico per nulla convincente.
Le cose vanno meglio con il settimo capitolo che regala un prodotto che si può finalmente definire da next gen. La grafica è decisamente più curata, ma la novità più importante è l'aggiunta di un'altra fazione che sposta gli eventi a molti anni più tardi delle battaglie che finora concludevano la modalità storia (Wu Zhang ed Hefei). Il quarto incomodo è la dinastia Jin, fondata dai discendenti di Sima Yi, un consigliere del regno Wei, che grazie alla loro astuzia e spregiudicatezza riusciranno a soppiantare gli antichi signori per cimentarsi con maggior fortuna nella riunificazione della Cina. E visto che il nuovo periodo è stato appena esplorato non possiamo che aspettarci ulteriori approfondimenti nei successivi episodi.
L'ottavo capitolo annunciato da poche settimane per PlayStation 3 non verrà sicuramente meno a tali aspettative. Come da programma ci saranno nuovi personaggi e l'ennesima ristrutturazione delle meccaniche che stando a quanto divulgato non dovrebbero allontanarsi da quello che si annuncia un capitolo more of the same. A meno che la serie non subisca un serio svecchiamento, la crisi preannunciata dal quinto capitolo potrebbe divenire irreversibile. Proprio a questo proposito sarebbe il caso di allungare l'intervallo tra l'uscita di un capitolo e l'altro o il tornare troppo spesso a rivivere questa splendida cornice farebbe disinnamorare anche gli ultimi irriducibili...
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