Le Elezioni del 2013 in Italia sono state la
dimostrazione di tre dati fondamentali: l’impossibilità di governare per colpa
di una legge elettorale sbagliata, la vittoria del Movimento 5 Stelle primo
partito alla Camera con una percentuale del 25,55% andato alle urne senza far
parte di nessuna coalizione e la fine del bipolarismo.
Il risultato finale vede un sostanziale equilibrio
tra le coalizioni che di fatto ha reso impossibile una vittoria e una
maggioranza del centrosinistra al Senato. La coalizione, guidata da Pier Luigi
Bersani con il suo 29,54% alla Camera e
il 31,63% al Senato esce vincitrice nei numeri ma sconfitta nel risultato
complessivo.
Il PD dopo l’ennesima batosta intravede l’occasione persa al
cospetto di un Centrodestra che dal canto suo si è reso infatti protagonista di
una rimonta incredibile che lo ha portato alla Camera al 29,18% e al Senato al
30,72%. Unica certezza la sconfitta del vecchio centro e di Monti che alla Camera
arriva al 10.56% e al Senato al 9,13% con una possibile uscita di scena dal
Parlamento di Gianfranco Fini (0,46%) e di Pier Ferdinando Casini (1,78%) .
Insomma un esito che se pur negativo per la gestione
e la formazione del nuovo governo è di portata storica: Grillo, che al senato
ha raggiunto il 23,79% avrà la possibilità di inserire circa 60 senatori e ad oggi si presenta come nuovo ago della
bilancia, riuscendo a spazzar via un centro che ormai, nei numeri, non risulta
più significativo nelle scelte degli elettori stanchi probabilmente della
vecchia politica. Il Leader del Movimento al motto del «l'onestà andrà di moda»
ha poi dichiarato che qualora nascesse un governissimo non durerebbe più di 6 o
7 mesi e che sarebbe nel pieno controllo di un Movimento onesto e che
combatterà con determinazione i danni provocati dai professionisti della
politica.
"Il centrosinistra ha vinto alla Camera e per
numero di voti anche al Senato. È evidente a tutti che si apre una situazione delicatissima per
il paese. Gestiremo le responsabilità che queste elezioni ci hanno dato nell'interesse
dell'Italia", queste invece le dichiarazioni di Bersani, moderato come al
solito ma convinto di poter fare appello ad un senso di responsabilità che
coinvolga tutte le forze politiche.
Alfano invoca invece il 'too close to call' cioè
l’incapacità di decretare un vincitore per l’irrisoria percentuale di differenza,
0.4%, tra le due coalizioni ricordando in ogni occasione la straordinaria
rincorsa possibile a suo dire solo dall’eccellente lavoro di Silvio Berlusconi
che è riuscito di fatto a risollevare un PDL allo sbando e senza prospettive.
E se per il Governissimo non ci resta che attendere
le prossime ore un ultimo sguardo merita certamente Rivoluzione Civile di
Ingroia che con il suo 2,25% e senza un precedente accordo col Partito
Democratico resta fuori dal Parlamento e con lui un altro vecchio volto della
politica italiana quello di Antonio Di Pietro.
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