Perchè le vacanze sono innanzitutto uno stato mentale! Che ne dite di una bella gita in questa villa meraviglioso con immenso parco annesso?!?
La Villa e Collezione Panza, di proprietà del FAI, è ospitata in una villa
della metà del XVII secolo, circondata da un giardino all’italiana, che diventa
anch’esso luogo espositivo. La collezione permanente è costituita da una parte
della collezione di Giuseppe Panza di Biumo, ultimo proprietario della villa e
appassionato collezionista del Bello. Il resto della collezione è divisa tra
Lugano, il MOCA e il Guggenheim di San Francisco.
Le opere d’arte esposte sono state realizzate dagli anni ’50 in poi e nel
loro allestimento, concepito dal conte Panza, ben si sposano con gli arredi
moderni (vanno dal XVI al XIX secolo) e la raccolta d’arte africana e
precolombiana.
Il comune denominatore dichiarato e percepito, sia tra gli artisti
collezionati che nella collezione stessa, è la bellezza e la contemplazione. In
particolare nella prima parte è la spiritualità latente che predomina, come
nelle opere di Phil Sims o Max Cole, che dietro apparenti monocromi nascondono
una certosina tecnica pittorica da amanuense.
Peculiarità della villa e del giardino, ma che fanno ben capire il rapporto
tra artista e collezionista, è il grande numero di opere site specific, realizzate o in collaborazione con il conte o perché
gli artisti stessi alloggiavano in villa e lasciavano in dono queste opere.
Tra gli artisti da segnalare c’è Ettore Spalletti, uno dei pochi italiani a
essere presente nella collezione. La sua opera, che quasi traduce in scultura
un dipinto metafisico, si fonda sul rapporto tra colore, pittura e scultura, rendendo
la pittura quasi un elemento architettonico. Il suo lavoro indaga lo spirito e
la percezione del corpo.
Lasciano senza fiato il susseguirsi di stanze con le installazioni luminose
di Dan Flavin, uno dei motivi che rendono famosa la collezione. Ancora una
volta si torna al tema della spiritualità: Flavin, pur dichiarandosi
anti-spiritualista ci trasporta in realtà in una dimensione percettiva che è
assolutamente spirituale.
Dopo gli ambienti chiusi di Flavin, l’esposizione si apre letteralmente e
sorprendentemente sulla natura con le “finestre” di Turrel, cornici su diverse
vedute del parco, quasi a ricordarci che la natura è un’opera d’arte quanto, se
non più, degli artefatti umani.
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