lunedì 21 ottobre 2013

Spazi e miti, tra epica e favolistica: Steven Spielberg e James Cameron

Quando un incasso sensazionale si mescola ad un immaginario filmico affascinante e visionario: James Cameron e Steven Spielberg.

Registi di film quali Lo Squalo (1975) Terminator (1984) Aliens (1986) Indiana Jones (4 film dal 1984 a oggi) e non ultimo in ordine di importanza lo strabiliante Avatar (2010), hanno letteralmente costruito uno stile filmico di intrattenimento. Soprattutto negli anni ’80 nacque la concezione del cinema come strumento popolare di massa metafora delle trasformazioni del mondo...
Con una ricerca di una spettacolarità sempre più marcata e sempre più funzionale, in un macro-cosmo cinematografico dove sembra valere solo la legge dell’effetto più riuscito e verosimile, loro sembrano ancora ricercare originalità e contenuto.
Ciò che senza dubbio li accomuna è il perfezionismo e la sperimentazione di nuove tecnologie unite alla contaminazione di generi che svariano in tipologie connesse al cinema americano degli anni’70 definito storicamente “New Cinema” (in reazione alla vecchia concezione americana ormai obsoleta) seguendo scie di artisti e registi indiscussi come Francis Ford Coppola, Woody Allen, Stanley Kubrick e Martin Scorsese.

A partire dagli anni’90 invece per i due si apriranno due destini diversi; accomunati da una flessione artistica a cui fanno eccezione soltanto due pellicole Jurassik Park (1993), Terminator 2 (1991) e Titanic (1997). Per Spielberg si è aperta chiaramente la strada della produzione (fondando nel 1994 la DreamWorks SKG) con pochissime eccezioni riguardanti i sequel dei suoi più fortunati film come: Il Mondo Perduto (1998), Jurassik Park III (2003) e Indiana Jones e il regno del tempio di Cristallo (2008), per Cameron invece ha inizio un decennale silenzio interrotto alla grande, nel 2010, con un film come Avatar.
Ma cosa realmente li differenzia? Se per Spielberg la fantascienza è innanzitutto favolistica costruita con occhio raffinato e scrupoloso, Cameron si dirige in un’ altra direzione, ovvero l’epica intesa come canto di nobili gesta in guerre agghiaccianti e disperate dove spicca la figura dell’eroe. Colui che sacrifica se stesso per una causa più grande, in un mondo spazio temporale carico di drammaticità e morte.
Elemento quello drammatico che per il regista dello Squalo è sicuramente meno marcato ma, nella sua accezione tradizionale, è rivolto maggiormente a temi politici e sociali più marcati, come nel film Salvate il soldato Ryan (1998). Spielberg insomma sembra distaccarsi sempre più dall’elemento favolistico, misterioso ed alieno (ET del 1982 o Incontri ravvicinati del terzo tipo del 1977) per avvicinarsi alla concretezza della realtà.

Cameron d’altro canto possiede una concezione più surreale del cinema, sfociando a volte nell’inconscio attraverso metafore visive che risultano sempre convincenti e ben strutturate e dove non mancano riferimenti ad una società malata e materialista. L’umanità è schiava dell’impianto sociale che ha costruito. In film come Aliens, Terminator, Titanic e Avatar l’uomo è sempre vittima delle sue creazioni e il risultato di questo eterno duello lo vede quasi sempre sconfitto, nonostante la presenza del personaggio-eroe di turno.

Il duello è caratterizzato da macchine, luci, acqua ed ambienti angusti che risultano diegeticamente attivi contribuendo ai destini dei personaggi. Siamo dunque di fronte a due immaginari magniloquenti, diversi nello stile certamente non univoco, ma accomunati da un equivocabile passione per l’inconsueto e lo stravagante al servizio del nostro inconscio e dunque delle nostre paure più remote ed oscure.



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