L'agitazione, che ha causato una decina di feriti e molti arresti, ha rievocato nel paese lo spettro delle grandi rivolte dell'anno scorso, causate dai rincari nei trasporti e dal sentimento che la gente comune stia beneficiando poco o nulla dell'organizzazione degli imminenti mondiali di calcio in Brasile.
È incredibile come i grandi eventi sportivi da strumento per esaltare il prestigio nazionale stiano diventando sempre più spesso anche una vetrina delle ingiustizie che vengono perpetrate dai governi che li ospitano.
In tempi recenti ricordiamo le stragi di randagi agli Europei di calcio di Polonia e Ucraina, oppure le olimpiadi invernali di Sochi che inizieranno tra poche ore. La festa lungamente preparata dal presidente Vladimir Putin sta facendo parlare di sé non soltanto per la corruzione legata ai costi esagerati o dei danni ambientali, ma anche per la scelta degli USA e di mezza Europa (tranne la nostra Italia, reduce da una 'straordinaria' missione di Letta in Medio Oriente) di disertare la cerimonia d'inaugurazione contro le politiche omofobe russe.
In Brasile invece la questione riguarda il modo con cui i mondiali si sono inseriti nel tessuto economico. Di solito questo genere di strutture dovrebbe favorire lo sviluppo delle aree interessate, ma qui il tutto somiglia più al trapianto di un organo estraneo che il corpo sente di voler rigettare.
Gli impianti FIFA sono sorvegliati come zone di massima sicurezza, come se il governo temesse la contaminazione della popolazione con i turisti meno 'disagiati', quelli che alla fine portano la maggior parte della grana. Come se non bastasse i cantieri hanno portato allo sgombero di decine di famiglie dalle zone interessate dai lavori, senza che il governo gli offrisse una compensazione o l'assegnazione di un alloggio popolare.
Questo genere di abusi aveva spinto il concorso Public Eye Awards a candidare la FIFA, come abbiamo già scritto tempo fa, tra le peggiori aziende dell'anno 2014, arrivando terza dopo Gazprom e i produttori di pesticidi Sygenta, Bayer e BASF.
La faccenda sfiora anche il ridicolo per via i gravi ritardi nei lavori, poiché nessuno dei sei nuovi stadi è ancora pronto, per non parlare degli aeroporti, dove si pensa di coprire i cantieri per non fare una figuraccia con dei teli giganti. Molti pensano che questa situazione porterà quasi certamente all'esclusione di parecchie strutture dall'evento, una possibilità che sta facendo vergognare lo stesso campione brasiliano Pelè, uno di quelli che si era speso molto in prima linea per far cadere la scelta di questi Mondiali sul suo paese.
Se Putin tra poche ore si prepara a celebrare il suo trionfo (nonché dominio sul riottoso Caucaso), in Brasile la festa rischia di mettere il gigante carioca in profondo imbarazzo agli occhi del mondo e di un popolo che sentendosi escluso dall'immenso ha già promesso di tornare in piazza a San Paolo per il prossimo 22 febbraio. La FIFA e la Rousseff sono avvertiti.
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