Krisiskin: nel titolo di
questo spettacolo andato in scena al Teatro PimOff di Milano dall’8 al 10
febbraio è immediato il rimando alla crisi, sempre lei, e ad un’ideologia
politica che spaventa, forse, più delle altre. In scena ci sono tre ragazzi del
sud, sì, sempre il solito sud-fanalino di coda. Walter e Viola e il loro amico
Luca, una sorta di “Sacra Famiglia edizione 2014”, vanno alla ricerca di un appartamento
da condividere, tra la convinzione che la casa dovrebbe essere un diritto, la
precarietà lavorativa, sentimentale e di ideali. La ricerca dell’appartamento
in realtà è solo una metafora della ricerca “dell’Io”. Le famiglie d’origine
non ci sono, non sappiamo perché e non importa. Importa, però, che i tre non
vogliono abbandonare la loro Patria per cercare un meglio non identificato. O
forse cambieranno idea?
Vista così sembra la sterile messa in scena di ciò che i mass media raccontano annoiati da tempo:
la crisi, i giovani sono precari, i giovani non possono fare scelte importanti.
Sembra, insomma, uno spettacolo condito di luoghi comuni, lamentele ed
autocommiserazione.
La palermitana Compagnia Quartiatri, invece, riesce a stupire pur trattando
una tematica così abusata. La forte connotazione politica dei tre personaggi
viene trattata con ironia e delicatezza tra un Gioca Jouer, un cartello stradale modificato ed un effetto sonoro elettronico,
senza però scadere nella superficialità. La recitazione spazia da interludi di
pura mimica, ricordando quasi scene di clownerie,
a momenti di confronto serrato. La scenografia, essenziale, ma efficace
sottolinea il ritmo incalzante della recitazione: sono dei semplici cartelli
stradali che a seconda della necessità gli attori modificano, facendoli
diventare simboli sia dell’ideologia politica che condividono, sia dei divieti
e degli ostacoli che la crisi pone.
Non sappiamo se Walter, Viola e Luca trovano l’appartamento, né se
trovano loro stessi. Sappiamo, però, che alla fine neanche gli ideali politici
sono la soluzione, non resistono, sono solo regole che non riescono ad essere
un salvagente. Resta il mito della mediocrità, perché la crisi non lascia
spazio ad altro. Ed io, crisi o non crisi, voglio arrendermi alla mediocrità? E
cosa voglio fare concretamente e nel mio piccolo per non arrendermi?
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