giovedì 15 dicembre 2011

Iraq 2003-2011: Mission accomplished?


Oggi a Baghdad è stata ammainata la bandiera Usa, un gesto simbolico che annuncia la fine della missione statunitense nel paese. La presenza americana era ormai passata dai quasi duecentomila soldati del picco massimo a soli 4mila soldati, i quali se ne andranno a loro volta entro la fine dell'anno. D'ora in poi dunque il governo di al-Maliki dovrà affidarsi alle proprie forze, il che non sarebbe male visto che dopo aver parlato tanto di esportare democrazia sarebbe pure ora di lasciare a questi popoli la facoltà di gestire il proprio spazio e il loro destino.
Peccato solo che il governo iracheno si trovi finalmente emancipato in un contesto alquanto problematico e che non si circoscrive al fatto che in un Medio Oriente pervaso da istanze di cambiamento la politica locale ristagna da quasi dieci anni. Ben più preoccupante sono i fuochi che bruciano nel cortile esterno chiamato Siria, che nel peggiore dei casi potrebbe finire in mille pezzi e contagiare con la divisione settaria anche il suo vicino. E se lo stesso Iraq, che dispone di mezzi e risorse ancora limitate, dovesse spaccarsi anche lui in vari stati a carattere confessionale si aprirebbe un vuoto regionale dalle conseguenze devastanti. L'Iran non aspetta altro per imporsi nella regione, sebbene a quel punto troverebbe un Israele più agguerrito che mai e pronto ad impedirglielo con tutti i mezzi disponibili.
L'unica concessione che al-Maliki ha fatto ai manifestanti è quella di non ripresentarsi per un terzo mandato nel 2014. Speriamo che mantenga la promessa, così da legittimare la democrazia agli occhi dei suoi concittadini. Nel frattempo auguriamoci che egli brilli in saggezza e lungimiranza o dietro l'angolo c'è sempre una catastrofe pronta a colpire.

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