mercoledì 13 giugno 2012

Il Cinema Horror, immaginari e stereotipi: i misteri della luna piena

L’Imperatore Sigismondo fece discutere in sua presenza, da un conclave di sapienti, la questione dei lupi mannari, e fu unanimemente stabilito che la mostruosa metamorfosi era un fatto accertato e costante”. Jacques Collin de Plancy
Ciò che appartiene alla sfera dell’immaginario, del fantastico e dell’onirico, uno dei mostri soprannaturali tradizionali di letteratura e cinema, una delle icone della cultura popolare moderna è senza dubbio uno: il licantropo.
L’uomo lupo (Lycos-lupo e Anthropos-uomo) per millenni ha rappresentato, insieme al fenomeno del vampirismo, la tendenza dell’essere umano ad essere altro da se. Questi personaggi oscuri sono stati da sempre legati ad una tradizione di potere e rabbia, di selvaggia ferocia e di paura. La “bestiale” diversità che il lupo rappresenta è allo stesso tempo il più grande limite nella sua evoluzione stilistica: se infatti il vampiro è oggi relazionabile con una società “anormale” (l’esempio più palese è rappresentato dalla saga di Twilight) il lupo no, esso nello stereotipo convenzionale è sempre isolato, solo, non perfettamente inserito nella società (tranne, ed è un unico caso, nel recente quarto episodio della serie Underworld nel quale, tuttavia, i lupi non rivelavano la loro vera natura) e assolutamente conforme alla sua immagine di bestia selvaggia.

La rappresentazione del lupo mannaro al cinema trova la sua consacrazione nel 1941 con Wolf Man di George Waggner, ma è a partire dagl’anni ’80 che una nuova linfa creativa sembra impossessarsi del malefico personaggio mezzo’uomo e mezzo bestia. Con Jonh Landis (Un Lupo Mannaro americano a Londra) si aprirà infatti un ciclo carico di titoli che definirà un vero e proprio filone di genere. La storia della licantropia non è però mai stata realmente descritta dalle rappresentazioni filmiche: queste visioni sono state contaminate da un “vampirismo” dilagante che ha finito per fondere insieme questi due personaggi. Il Vampiro (ma anche lo Zombie o il mostro di Frankenstein) e il Licantropo finiscono così per condividere lo stesso spazio, lo stesso sfondo, le stesse ambientazioni.

Ma è nell’immaginario medievale che la figura del demonio finisce per fondersi con la rappresentazione dell’uomo animale. Insieme con il capro, il serpente e il gatto, il lupo mannaro diviene un animale simbolo di Satana così come il pipistrello simbolo del buio e del male. La convergenza del maligno dalle forme animalesche ha dunque un origine antichissima: durante gli incontri che Satana aveva con le streghe (i sabba) queste assumevano forma primitiva, un lupo o magari un gatto. Procedendo lungo il percorso storico riguardante il Lycan come non ricordare che nel 1824 e nel 1825 ebbe luogo una famosa scomunica a carico di animali ritenuti l’emblema del diavolo: cani, gatti, capre, lumache, topi e bruchi furono banditi.

Altra importante considerazione riguarda la differenza tra il mito cinematografico e il folklore nell’ambito della luna piena e del rapporto col licantropo. Non tutte le leggende, infatti, convergono nell’idea di una luna che trasforma l’uomo in lupo: molte di esse tendono a far nascere il licantropo già completamente posseduto dalla sua maledizione senza contagi o trasformazioni nelle notti di plenilunio. Se al cinema siamo stati abituati ad un introspezione del lupo come demone che fuoriesce di fronte alla luna, nel folklore popolare l’intervento magico di una strega ne è la causa primaria.

Il fenomeno della licantropia è stato dunque oggetto di speculazioni e adattamenti e non per ultima sarà ricordata la musica e uno dei videoclip più famosi al mondo Thriller: il più costoso della storia e diretto da John Landis ha cambiato il concetto di coreografia. Il video è infatti contestualizzabile esattamente come un cortometraggio, con una trama predefinita e precisa. Vincent Price (noto attore di film horror stimato anche da Tim Burton) prestò la voce per le parole di apertura e per la risata finale del videoclip, totalmente costruito sulla trasformazione di Michael Jackson in un licantropo.
Con un’immagine mostruosa ma “convenzionalmente” inserita in una convenzione collettiva, la forma del licantropo, gli ideali e gli stereotipi, nella rappresentazione del male, risultano dunque filtrati in informazioni poco dinamiche (le orecchie a punta, i peli che aumentano, i denti che si ispessiscono) finendo di fatto per far parte del nostro più comune presupposto di male e quindi, spesso, finiscono per non turbarci più di tanto relegando tali rappresentazioni ad un circuito di serie B.

1 commento:

  1. a proposito di clichè e stereotipi riguardanti i film horror....in questo video li trovate tutti racchiusi in una canzone rap
    http://www.youtube.com/watch?v=fUmdarNFj0g
    Buon ascolto!

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