sabato 27 ottobre 2012

Monsieur Lazhar

Ad essere onesti la trama di Monsieur Lazhar sulla carta non offriva nulla di particolarmente originale: un maestro arriva in una scuola per sostituirne un altro cambiando le abitudini di una classe talaltro neanche troppo disagiata. Ma le similitudini tra l'opera di Philippe Falardeau e altre come L'attimo fuggente per fortuna si fermano qui.
Quello che il professore Bachir Lazhar si troverà a combattere non è un metodo particolarmente tradizionalista (anzi è lui ad avere un approccio più chiuso dei suoi colleghi), ma la paura che la scuola e i genitori hanno di affrontare un'esperienza dolorosa come il recente suicidio di una professoressa. Lazhar si rende subito conto che quest'omertà sta tuttavia lasciando dei profondi strascichi sugli alunni e, forse a sua insaputa, il suo impegno a sconfiggerla rappresenta anche una rivincita sulla sua vita precedente. Nessuno sa infatti che il nuovo professore è in realtà un rifugiato in cerca di asilo politico, dopo che ha perso l'intera famiglia in Algeria per un libro che la moglie ha scritto proprio per rompere il muro di silenzio sul perdono di tanti criminali della guerra civile durante la riconciliazione nazionale. 
Lo stile del film è asciutto quanto la fotografia e il montaggio che vogliono parlare di una storia di traumi senza scivolare eccessivamente nell'enfasi e capace comunque di commuovere nella sua semplicità. D'altronde, come c'insegna questo film, se diamo troppa importanza al dolore che proviamo o possiamo provare non avremo mai la forza per superarlo del tutto. Splendido anche l'accompagnamento al pianoforte di Martin Léon. Consigliato. 


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