L'appuntamento più importante è ovviamente quello sul processo Ruby, per il quale è già stata emessa una condanna in primo grado a sette anni di carcere per concussione e prostituzione minorile. Nel caso la sentenza venga confermata in via definitiva, Berlusconi arriverebbe a scontare in pieno anche la pena del processo Mediaset (quattro anni), in quanto l'indulto del 2006 prevede che "il beneficio dell’indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni (i fatti sono avvenuti nel 2010) dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni". Risultato? Al peggio undici anni di carcere, da scontare ai domiciliari avendo l'imputato superato i 70 anni di età.
A questo si aggiungono altri due processi che valgono almeno altri undici anni di reclusione. Uno riguarda l'inchiesta sui falsi testimoni (2-6 anni di pena) del processo Ruby, ossia il pagamento di decine di ragazze che avrebbero definito le cene di Arcore solo 'incontri galanti'. L'altro la cosiddetta compravendita di senatori (2-5 anni di pena) il cui protagonista principale è l'ex senatore dell'Italia dei Valori Sergio De Gregorio, che in cambio di un patteggiamento ha confessato di essere stato pagato assieme ad altri senatori per far cadere il governo Prodi nel 2008.
Probabilmente l'ultimo (?) capitolo giudiziario di Berlusconi si chiuderà nel 2015. Intanto fioccano le proteste del centrodestra sulla legge Severino (D.Lgs. 235/2012) che ha portato alla decadenza del suo leader.
La legge prevede infatti l'incandidabilità di chiunque sia stato condannato ad una pena superiore ai due anni di reclusione come è stato il caso di Berlusconi e di un'altra quarantina di persone tra consiglieri regionali, provinciali e comunali e persino il presidente della provincia di Latina, Armando Cusani, condannato per abuso d'ufficio per fatti che risalgono a dieci anni prima. Quest'ultimo caso in particolare solleva un problema dibattuto soprattutto dai sostenitori di Berlusconi, secondo cui la retroattività della legge è da considerare anticostituzionale.
La prima risposta è venuta qualche settimana fa dal Consiglio di Stato, che ha respinto la questione d'incostituzionalità non essendo il D.Lgs. 235/2012 una sanzione penale (escludendo di conseguenza la retroattività).
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