A guidare la rivolta è Suthep Thausuban, ex vicepremier capopopolo che si sta battendo per rovesciare il premier Yongluck Shinavatra, accusata da molti di essere un governo per procura del fratello Thaksin, imprenditore che governò la Thailandia tra il 2001 e il 2006. A seguito di proteste molto simili a quelle di oggi, Thaksin venne poi rovesciato quando l'esercito intervenne al fianco dei manifestanti costringendolo ad un esilio autoimposto che dura tutt'ora a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. E a tragica conclusione della vicenda dopo la sua cacciata esplose anche una manifestazione di nostalgici (le cosiddette "camice rosse") che venne repressa con quasi cento morti e duemila feriti.
L'argomento era tornato prepotentemente alla ribalta quando Yongluck poco tempo fa fece proporre una legge sull'amnistia che avrebbe permesso al fratello, condannato nel frattempo a due anni di carcere per corruzione, di rientrare nel paese.
Immediatamente si è scatenata la rabbia nelle città (le campagne invece sono considerate feudo sicuro degli Shinavatra) a cui non è bastata la bocciatura dell'amnistia da parte del Senato per bloccare la protesta degenerata poi nell'occupazione da parte dell'opposizione di praticamente quasi tutti i centri di potere della capitale, con il ministero delle Finanze promosso a quartier generale della manifestazione.
Nonostante tutto questo la Yongluck continua a resistere sul piano politico grazie al controllo pressochè totale del Parlamento, dove il 28 novembre si è votata una mozione di sfiducia contro il suo governo presentata dall'opposizione che è stata respinta da 297 voti contro 134. La polizia, che si ritrova senza elettricità dopo che questa gli è stata tagliata dai dimostranti, intanto ha spiccato un mandato d'arresto contro Suthep intimandolo ad arrendersi. Ma visti gli equilibri in campo difficilmente una delle parti sceglierà di arrendersi di sua spontanea volontà. A meno che non sopravvenga l'ennesimo, sanguinario colpo di mano.
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