Sano ne sapeva qualcosa visto che il suo paese è stato recentemente colpito dalla sciagura dell'uragano Haiyan, il quale ha ucciso almeno cinquemila persone e ha causato dei danni incalcolabili aggravati dal numero di isole coinvolte che complica ulteriormente le modalità di ricostruzione. Basterà la sua testimonianza ad imprimere la svolta in una comunità internazionale spesso troppo apatica sull'argomento?
Dopo due settimane di lavoro la risposta purtroppo pende più per il no. Un fatto su tutti può aiutare a comprendere l'aria che tirava a Varsavia: l'ONG Greenpeace insieme ad altre associazioni hanno deciso di abbandonare la scena in aperta polemica con i partecipanti, accusati di non prendere affatto sul serio il tema finendo per siglare compromessi che servono più ad accontentare tutti che a proporre soluzioni concrete.
Il dilemma principale della seduta infatti è stato come al solito la contrapposizione tra paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. I primi chiedono a tutti quanti di onorare impegni sulle emissioni e lo sviluppo sostenibile che loro stanno già in parte mettendo in pratica. Le economie emergenti che fanno spesso uso di tecnologie altamente inquinanti e sono capeggiate da Cina e India però non ci stanno, a meno che questa riqualificazione non sia accompagnata da 'sussidi climatici' sulla cui entità i paesi ricchi continuano a tenersi sul generico.
Alla fine l'unico risultato degno di nota è stata l'approvazione del programma REDD+ per contrastare il fenomeno della deforestazione che interessa specialmente le zone tropicali ed è responsabile di circa un quinto delle emissioni di gas serra nel mondo. Per il resto bisognerà attendere cosa accadrà al ventunesimo Cop previsto per il dicembre del 2015 a Parigi, quando i partecipanti dovranno presentare i loro piani per i tagli delle emissioni in vista di un patto globale sul clima da approvare per il prossimo decennio. Se queste sono le premesse la strada si profila veramente in salita.
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