Una storia antica come il mondo,
quella di una madre che uccide i suoi figli, che raggiunge l’apice nelle
vicende di Medea, è quella messa in scena in Taking care of baby (3 - 5 dicembre, Teatro Elfo Puccini di Milano).
Al centro della vicenda il rapporto
tra Donna (Isabella Ragonese), presunta infanticida, e sua madre Lynn, politica
in ascesa sul territorio locale, in una “Medea contro Medea”. Lynn, che sfrutta
il dramma della sua famiglia, e in particolare di sua figlia, per la sua
campagna elettorale alla fine è più innocente della figlia?
Tutto viene raccontato nella forma
di documentario. La storia, vera, accaduta in Inghilterra, viene riproposta da
materiale giornalistico: interviste ai reali protagonisti, lettere scritte
dalle persone coinvolte all’autore. Non è finzione teatrale, è verità, è
giornalismo e non verrà mai data una chiave di lettura, un giudizio sui fatti,
verranno solo riproposti. Anche i mezzi ricordano il giornalismo e la televisione,
sono interviste, spezzoni audio e video, lettere, efficaci ai fini dello
spettacolo e dell’impostazione del testo, forse un po’ troppo prolisso per la
vicenda narrata.
All’inizio la Ragonese, bravissima,
non convince, il suo viso pulito ricorda troppo i suoi personaggi
cinematografici, innocenti ed ingenue ragazzine. Alla fine, invece, è proprio
questo un punto di forza, ancora una volta non viene suggerito un giudizio
sulla colpevolezza o meno dall’aspetto fisico. È una persona che racconta la
sua storia e basta. Piuttosto che farle raccontare la sua verità dalla cabina
di regia e proiettarne uno strettissimo primo piano sullo schermo in palco,
sarebbe forse stato più opportuno tenerla in scena, magari in un angolo,
defilata, ma comunque visibile dal pubblico sia dal vivo che in video.
Sembra quasi emergere una cifra stilistica
degli Artefatti: la profonda solitudine di tutti i personaggi, che avevamo lasciato in Sangue sul collo del gatto e torna anche in Taking care of baby. Anche quando
sembra ci sia un dialogo, in realtà si assiste a dei "monologhi
paralleli", i personaggi non sembrano mai realmente mossi o coinvolti da
ciò che dice l'altro. E nella fattispecie della storia di Donna, non è forse
anche questa una colpa?
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