mercoledì 1 gennaio 2014

Europa - La Lettonia entra nell'euro, ma l'allargamento vive tempi duri

Nonostante la crisi di credibilità, l'eurozona continua ad allargarsi. Da oggi la Lettonia è diventata ufficialmente il diciottesimo paese che ha adottato l'euro come valuta. Certo, i dubbi rimangono tanti, soprattutto per chi è ancora fuori e sta diventando sempre più scettico sul progetto europeo.






I lettoni hanno accolto l'ingresso nell'euro da una parte come un successo personale dopo la crisi che li costrinse a chiedere i soldi all'Unione, dall'altra paventando i rincari e i sacrifici visti già in altri paesi. Anche gli altri membri dell'Unione guardano con preoccupazione a quest'evento, in particolare per il ruolo ambiguo del settore bancario di Riga. Questo perché in Lettonia esiste un numero così spropositato d'istituti di credito da aver fatto coniare il termine di "banche boutique", ossia che movimentano prevalentemente denaro dall'estero con scarsa trasparenza. 
Le banche lettoni hanno fatto parlare di sé in particolare per il caso sollevato dall'avvocato russo Sergey Magnitsky, morto in un carcere di Mosca nel 2009, dov'era stato rinchiuso per l'accusa di frode fiscale anche se molti sospettano che si stato in realtà eliminato per aver denunciato la corruzione diffusa tra i funzionari russi che sfruttavano proprio l'opacità dei sistemi finanziari di paesi vicini come la Lettonia. Per questo il governo di Riga era stato costretto a pagare una multa senza tuttavia mai specificare chi fosse la banca colpevole e in molti richiamano questo precedente per porre l'attenzione sul pericolo che meccanismi del genere (di cui beneficerebbero prevalentemente interessi dell'Est Europa) possano essere riprodotti anche all'interno dell'Unione. 

Mentre il futuro ci dirà se la Lettonia si dimostrerà all'altezza degli standard a cui dovrà rispondere come nuovo eurostato, vediamo a che punto sono quei paesi che sono rimasti fuori dalla moneta unica: 

- Lituania: resta il candidato più forte per un ingresso nell'eurozona, tanto da aver fissato il prossimo gennaio come data per l'adozione dell'euro

- Repubblica ceca: Praga è forse uno dei pochi paesi tiepidamente convinto dell'adozione dell'euro, anche se ha preferito rimandare l'ingresso agli Accordi Europei di Cambio (ERM-II), dopo i quali serviranno almeno un paio di anni prima di concludere il processo. Le ipotesi più ottimistiche collocherebbero la data di adesione non prima del 2017.

- Croazia: a dispetto del suo euroentusiasmo per il recente ingresso nell'Unione a Zagabria servirà un po' di tempo prima di riuscire ad adottare l'euro. Se ne parla come minimo nel 2019

- Bulgaria e Polonia: mentre Sofia rispetterebbe già tutti i requisiti finanziari (inflazione, rapporto deficit-PIL e debito), la Polonia dovrà ancora lavorare su alcuni parametri per rispettare gli impegni. Entrambi i paesi hanno deciso tuttavia di rimandare anche loro la firma dell'ERM-II in attesa che venga superata la crisi debitoria europea allontanando magari gli spettri di commissariamento e simili

- Romania: la sua posizione è molto simile a quella di Sofia e Varsavia, con la differenza che le più deboli performance economiche di Bucarest potrebbero ritardare ulteriormente il processo di adesione

- Ungheria: il candidato più scontroso di quelli che devono per forza aderire all'euro. Le politiche euro scettiche di Viktor Orban allontaneranno l'obiettivo di adesione fino al 2020

- Svezia e Danimarca: se da una parte l'economie di Copenhagen e Stoccolma sono più che eccellenti per l'ingresso nell'eurozona, quello che manca è la volontà politica. In tutti e due i paesi si dovrà tenere a questo proposito un referendum per decidere se entrare o meno, ma gli ultimi sondaggi rivelano una scarsa propensione per il sì

- Regno Unito: qui si parla addirittura di un referendum per uscire dall'Europa. Decisamente fuori discussione

- Islanda: anche se non fa parte dell'Unione è degna di citazione per il repentino raffreddamento sul processo di adesione. Difficile dire se l'isola continuerà nel suo percorso di adesione a Bruxelles. 




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