Una donna slovena, che aveva denunciato uno stupro di gruppo nel lontano 1990, ha dovuto infatti attendere la bellezza di 17 anni per ottenere un risarcimento di 5.000 euro, che la Corte di Strasburgo giudica però insufficiente di fronte al gravissimo ritardo giudiziario.
Per renderci conto dell'assurdità della vicenda basti pensare che la città di Maribor in cui la vittima è stata aggredita all'epoca dei fatti non era slovena, ma apparteneva ancora alla Jugoslavia che di lì a pochi mesi avrebbe iniziato a disintegrarsi.
La donna è stata attaccata e violentata nella notte da una decina di uomini, per la metà non ancora maggiorenni, che però nel giudizio di primo grado sono stati prosciolti in quanto secondo i giudici la ragazza non aveva opposto sufficiente resistenza da far interpretare la dinamica più come quella di un rapporto consensuale che di uno stupro.
Il verdetto è stato subito contestato dal pubblico ministero, anche perché i medici avevano riscontrato nella vittima una leggera disabilità che complicava ulteriormente le sue capacità di opporsi all'assalto. In base a queste prove il giudizio di primo grado è stato così respinto, dando il via ad un nuovo processo che però a causa della fuga di due degli imputati in Austria è rimasto di fatto bloccato tutto per una decina di anni (1991-2001). Una prima conclusione è arrivata solo dopo l'arresto dei due fuggitivi tra il 2004 e il 2006, mentre per quantificare i danni morali ci sarebbero voluti altri tre anni.
È proprio in questo periodo che la vittima aveva già iniziato ad intraprendere un'azione legale contro i danni arrecategli dalla lunghezza del suo processo. La vittima, che dal 2004 è diventata cittadina comunitaria, si è richiamata proprio alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la quale in base all'Articolo 34 consente ai singoli cittadini di appellarsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo se dovessero sentire violato uno dei diritti tutelato dalla suddetta Convenzione.
In questo caso i diritti chiamati in causa dalla parte lesa erano l'articolo 3 (contro la tortura e comportamenti degradanti), l'articolo 6 comma 1 (tempo ragionevole dei processi) e l'articolo 13 (diritto ad un efficace compensazione). Nonostante la giustizia slovena avesse inizialmente acconsentito a risarcire la donna di una somma pari a 5.000 euro, lo scorso giovedì la Corte di Strasburgo ha accolto le istanze della vittima e ha condannato il governo sloveno a versargli altri 18.000 euro tra sanzione non pecuniaria e spese.
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