Ieri ho finito Assassin's Creed: Revelations, capitolo finale della trilogia dedicata al fiorentino Ezio Auditore e cominciata con l'ottimo Assassin's Creed II per proseguire con il capitolo Brotherhood ambientato nella mia amata Roma. Mi mancherà Ezio, ma lasciamo il sentimentalismo per parlare del gioco.
L'ultima creatura targata Ubisoft è collocata nella Istanbul (o Kostantiniyye) di inizio '500, una decina di anni dopo le vicende capitoline contro i Borgia. Anche qui la ricostruzione risulta abbastanza fedele e fa un certo effetto vedere com'era un tempo una città che si ha avuto la fortuna di visitare (ad esempio ero curioso di sapere com'era l'Ippodromo al tempo di Solimano), anche se non si vive lo stesso rapimento delle città italiane dei capitoli precedenti.
Sarà che a forza di sfornare capitoli a cadenza annuale la qualità generale possa risentirne (per carità sempre buona) e anche la storia dà l'impressione di essere meno curata. Essa comunque ha come scenario la sotterranea rivalità tra la dinastia ottomana e la superstite fazione bizantina cacciata solo sessant'anni prima, dove la posta in gioco sarà l'accesso alla biblioteca di Altair e soprattutto l'ottenimento di un certo "oggettino".
A livello di gameplay non è cambiato molto, a parte la costruzione di bombe, l'uso dell'uncino e una difesa tattica dei covi che non mi ha granché entusiasmato. Per il resto abbiamo anche qui sub-quest come la ricostruzione della città (cosa che mi è sempre piaciuta parecchio), le missioni delle gilde e la banda di assassini da inviare per il Mediterraneo a conquistare le città, accrescendo così gli introiti dell'Ordine.
Un titolo dunque godibile, ma che ha perso un po' di smalto, in attesa del prossimo e probabilmente ultimo capitolo della saga dedicata al personaggio di Desmond. Tra le ambientazioni possibili del prossimo gioco si parla di una Russia tardoimperiale, dovendo magari aver a che fare con il temibile Grigorij Rasputin. Il mio voto per muovermi sui tetti innevati di San Pietroburgo è quindi scontato.
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