Le acque di Hormuz stanno ribollendo di nervosismo. Arrivo di nuove sanzioni, blocco degli stretti, mobilitazione della marina americana, esercitazioni missilistiche degli iraniani e imminente minaccia che Teheran entri a far parte del club nucleare: questa è la sequela di eventi che stanno caratterizzando l'attuale crisi tra l'Iran e gli Stati Uniti.
Un rapporto sempre difficile (non esiste ambasciatore statunitense sul suolo persiano da almeno trent'anni) che in più di un'occasione ha declinato verso toni bellicosi e ha avvicinato pericolosamente il fiammifero della guerra su una delle micce più pericolose del Medio Oriente. Ma poi questo conflitto può davvero scoppiare?
Sulla carta il fiero leone iraniano non ha grandi speranze di resistere alla colossale aquila americana. Ma sa pure che con i militari sparpagliati da tutte le parti e stanchi di fare da poliziotti globali, le elezioni presidenziali da qui a dieci mesi e la fine del precedente status quo mediorientale, Teheran potrebbe anche guadagnarci qualcosa se fa la voce grossa. Bisogna vedere fino a dove potrebbe arrivare questo gioco al rialzo. E come in tutte le scommesse una delle parti rischia sempre di pagare salato.
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