martedì 27 marzo 2012

Il Portogallo nella tempesta


Se non fosse così determinante per i destini delle politiche nazionali, le oscillazioni dello spread non farebbero battere il cuore a nessuno tranne che agli economisti, Questa febbre del differenziale ha però finito col colpire chiunque e persino chi continua a non avere la più pallida idea del perché ci si peni tanto di un numero. Basta vedere i veri e propri soprassalti dei notiziari quando il Btp a scadenza decennale torna a rompere la fatidica soglia dei 300 nel differenziale dal Bund. Mi chiedo allora cosa dovrebbero fare i portoghesi, che il loro di spread ha superato ampiamente quota 1.000 punti. Sì, perché nonostante la cosa stia passando leggermente in sordina, Lisbona è veramente sul punto di replicare il dramma greco sull'Atlantico, dove le politiche d'austerità chieste dall'Europa hanno già fatto dimettere un governo e stanno scatenando vari episodi di malcontento.
Il possibile naufragio del Portogallo non ha certo colto di sorpresa gli esperti economici, che avevano già da tempo affibbiato ai paesi più vulnerabili (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) l'affettuoso nomignolo di Pigs. Anche l'Italia faceva, e per qualcuno fa ancora, parte di questo club di appestati, ma disponendo di maggiore ricchezza e avendo fatto uso moderato di droghe speculative potrebbe avere (al prezzo di una "cortese" macelleria sociale) buone possibilità di salvarsi.
Tutt'altra storia per i quattro cavalieri dell'apocalisse europea, la cui dipendenza da prestiti e speculazione ne ha gonfiato a dismisura le economie, fino a quando il pallone non è scoppiato e le ha fatte precipitare alla velocità di una meteora. Nel caso del Portogallo il rischio di default sta aumentando in maniera vertiginosa (per dire, il debito pubblico in un anno è praticamente triplicato), ma da parte dell'Eurogruppo stranamente non traspare grande apprensione, a meno di non pensare che vi sia riluttanza a riaprire il portafoglio che è già servito per la Grecia. Si vocifera di un nuovo prestito da 80 miliardi, in cambio ovviamente di altra austerity perché, stando alle parole dello stesso presidente della Bce Mario Draghi, rimanere nell'euro val bene la rinuncia al benessere. E ciò riguarda pure la Spagna che sta mostrando nuovi e pericolosissimi sintomi da intossicazione, contribuendo a diffondere nell'Eurozona il panico di un contagio generalizzato.
Ma torniamo alla domanda di prima: i portoghesi che cosa ne pensano? Da una parte ci sono sempre più proteste come lo sciopero pubblico di giovedì 22 marzo, anche se è difficile credere che riusciranno ad arginare la contrazione degli stipendi e dello stato sociale. Chi può sceglie di emigrare verso le antiche colonie brasiliane o sudafricane, dove si può trovare un'aspettativa di vita anche migliore della madrepatria. E con il cavallo portoghese pronto a mettersi le catene come quello greco si teme che questo differenziale di tenore di vita sia destinato a durare a lungo...

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