domenica 25 marzo 2012

Bedrich - VI



I primi giorni del suo vagabondare Bedrich evitò con cura ogni villaggio o casa, vivendo da selvaggio con quello che trovava nei prati. Animali, frutti, per cacciarli aveva persino appuntito un bastone che scagliava a mo’ di lancia, ma quello che penetrava le carni non poteva certo tagliare anche il freddo della notte.
Non era inverno per fortuna, o senza un tetto sarebbe rimasto rigido in un giorno o due, eppure con il coltellino che aveva in borsa non poteva ricavar ciocchi da far durare il fuoco. Iniziò tosto a scatarrare e il petto gli bruciava neanche vi fosse una torcia. Sempre più esausto si trascinava lungo la strada, finché ad un certo punto la testa non gli girò così forte che cadde e non si ricordò più nulla fino al risveglio.
Si accorse di non essere più sotto un cielo nero pronto a scrosciare, stava invece in una stanza con gli occhi a mirar il soffitto. Era buio, forse sera, e se riusciva a veder qualcosa era per una candela che bruciava su una nicchia vicino al letto. Sentì un rumore e si girò verso un’apertura da cui danzavano delle ombre: non gli sembra una prigione perché la porta è spalancata, anzi non c’è proprio. Non capendo provò ad alzarsi, ma con il corpo tutto un dolore lanciò un grido che atterrì persino l’ombra che aveva intravisto.
“Figliolo, ti sei svegliato?” chiamò una voce che vide provenire dalla bocca di un prete.
“Dove mi trovo?” chiese Bedrich.
L’uomo gli spiegò che doveva ringraziare la bontà di un contadino che lo aveva trovato svenuto per strada, e preoccupatosi per la sorte di tale miserabile lo aveva portarlo in chiesa. Non era un mendicante, si affrettò a chiarire Bedrich, aggiungendo che era solo in fuga dalla maledizione dalla quale era perseguitando.
Il prete allora s’incuriosì e si sedette accanto a lui, stringendogli una mano e domandandogli perché avesse mai queste paure. All’inizio Bedrich fu riluttante, ma dopo tanti giorni di solitudine e di rabbia non gli pareva vero di sfogarsi con qualcuno, e cominciò subito a raccontare le sue sventure: la fuga dal padrone, la malattia della moglie, Mastro Peter, tutto quanto. Il prete ascoltava, senza interromperlo e annuendo con il capo o sospirando profondamente.
“Non devi temere questo destino, figliolo” disse finalmente “Perché ha tutto un senso”
“E quale sarebbe padre?” chiese lui.
“Tu hai mancato di rispetto alla tua famiglia e al tuo padrone” rispose “mancando così di rispetto anche all’ordine voluto da Dio. La perdita di tua moglie, per quanto luttuosa possa essere stata, ha tuttavia saldato il tuo debito con il Signore e sii grato di questo, figliolo, perché significa che Egli ha voluto darti una nuova possibilità di redenzione”
Bedrich restò confuso da simili discorsi, ma non era mica un religioso che si poteva mettere a discutere di disegni celesti e cose del genere. Ringraziò il suo ospite di averlo accolto, promettendo di levare il disturbo non appena avesse ritrovato le forze. Ma il prete rispose che poteva rimanere quanto desiderava, purché riflettesse bene su quanto gli aveva detto.
Ed egli rifletté davvero sull’esistenza o meno di questa possibilità di redenzione e agognò così tanto la risposta che finì per aggrapparsi a ciò che poteva essere tanto un segno di Dio o una pura follia. 

Per leggere la storia dall'inizio cliccare su C'era una volta Bedrich  

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