Ancora una volta a complicare la vita dei ciprioti è il sempiterno legame con la Grecia, che negli anni settanta fu sul punto di annetterla scatenando per questo l'intervento turco che da allora ha diviso con le armi e i mattoni la minoranza turca dal resto della popolazione.
Qualche anno più tardi arrivò la riscossa con l'Europa e un benessere nutrito in buona parte dall'euforica quanto fumosa crescita di Atene, una cuccagna che le banche cipriote hanno provato ad agganciare anche in vista del futuro sfruttamento dei giacimenti marini di gas appena scoperti.
Infine l'amaro epilogo con l'Acropoli che cade in frantumi e lascia in eredità alle banche di Nicosia delle somme in perdita per loro inimmaginabili. Il presidente Dimitris Christofias (nella foto a sinistra) si è perciò trovato a dover scegliere tra chi avrebbe salvato il proprio paese, andando prima a bussare alle porte di Russia e Gran Bretagna che però nel sentire l'aria che tirava non hanno dimostrato particolare entusiasmo. Per rimediare i soldi necessari al più presto non restava dunque che ricorrere al temutissimo piano B, ossia chiedere i soldi alla troika Ue-Bce-Fmi nella speranza che l'imminente presidenza di Cipro nell'Unione (un sovrano malato per un regno cagionevole, quale migliore coincidenza) gli risparmi i diktat imposti da tempo agli altri Stati in affanno...
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