“Facciamo i conti con la paura tutti i giorni, da quando nasciamo a quando moriamo. Ho avuto molte paure nella mia vita. Ne ho avuta tanta quando è morto mio padre e io avevo solo sei anni. Ora sono anziano, le uniche paure che mi rimangono sono quelle della malattia, per me e per i miei figli”.
Wes Craven
Se normalmente si è abituati a pensare che i registi dei film horror appartengano ad una categoria di serie B e che dietro ai loro immaginari non ci sia un’attenta e accurata riflessione ci si sbaglia di grosso. Quest’articolo si concentrerà nello specifico su due figure di spicco nel mosaico infinito del genere horror: Wes Craven e John Carpenter.Figli entrambi del cinema americano e attivi da moltissimo tempo entrambi presentano, seppur in contesti filmici simili, notevoli differenze stilistiche. Il primo coglie ispirazione da un grande scrittore e regista svedese: Ingmar Bergman; il secondo è invece attratto dalle tecniche minimaliste e da colonne sonore che risultano essere “personaggio”.
I film presi in esame saranno principalmente due: Nightmare- Dal profondo della notte di Craven e Halloween di Carpenter. E’ necessaria tuttavia una precisazione che riguarda soprattutto la concezione basilare di diegesi “oscura”: per il regista di Nightmare il concetto di orrore si collega alle nostre vite quotidiane, a ciò che viviamo giorno per giorno, collegandosi in modo diretto con la concezione hitchcockiana che colpisce lo spettatore in modo assolutamente inaspettato.
Per Carpenter invece la concezione di terrore è frutto di un’accurata ricerca nella fantascienza più classica, strizzando l’occhio a registi come Howard Hawks, Jack Arnold e Fred McLeod Wilcox, dove senza alcun dubbio è la colonna musica (e non colonna sonora come invece si pensa) ad essere la porta per un mondo onirico fatto di luci che si arricchiscono di una oscurità sfuggente e penetrante. Se per la creazione del personaggio di Freddy Krueger, Craven, si ispirò ad una storia vera, incredibilmente Michael Myers è in qualche modo figlio dell’italiano Dario Argento, che Carpenter apprezzava soprattutto nell’uso di suoni e musica. Il noto regista italiano fu per lui quello che Hitchcock fu per Craven!

E’ il punto filmico di maggior tensione dove alla luce ormai rivelata di una storia conclusa si riaffaccia immediatamente il male, l’oscurità, un esempio eclatante è presente anche nel suo ultimo film The Ward (Il Reparto).
Dunque è evidente che la macchina del terrore ha varie facce e che entrambi utilizzano i due mondi possibili: quello onirico e quello composto da abitudini, stili e dinamiche quotidiane riorganizzate in chiave agghiacciante. Ed il pubblico, che ama spaventarsi perchè è ciò che risulta essere più distante dalla concezione di un mondo che ci protegge fintamente da ogni genere di “male”, apprezza il loro lavoro e i loro spaventosi immaginari frutto di una macabra, quanto straordinaria, fantasia.
Nessun commento:
Posta un commento