Sarà per questo che alle presidenziali della scorsa settimana il partito di Fox-Calderón (PNA) è arrivato terzo. A vantaggio di chi? Ma naturalmente del PRI, che torna alla riscossa con un candidato più smagliante che mai: Enrique Peña Nieto. Purtroppo le differenze con il passato sembrerebbero fermarsi all'aspetto aitante di questa faccia da telenovelas, a cominciare dalla lotta al narcotraffico che potrebbe rispolverare la consueta tolleranza del suo partito verso i cartelli della droga. Inoltre sul vincitore fioccano accuse di essersi comprato il voto delle fasce meno abbienti con carte prepagate e buoni acquisto o di aver siglato un accordo con la principale rete televisiva locale, Televita, per avere maggiore visibilità durante la campagna elettorale.
Nonostante il riconteggio dei voti sembri confermare il vantaggio di Peña Nieto, il popolo dei candidati sconfitti, Andreas Manuel Lopez Obrador (Amlo, per gli amici) della sinistra e Josefina Vasquez Mota del PNA, più gli "indignados" del movimento Yosoy132 non si è dato per vinto ed è sceso in piazza per manifestare contro un'elezione considerata un furto.
Può darsi che tutto alla fine si risolva come nel 2006, anche allora Amlo non ci stava ma Calderón finì per governare lo stesso, ma l'ipoteca che grava sulla politica è senz'altro più pesante di allora. Nulla di più stridente e controproducente per un paese dai ritmi di crescita (intorno al 4% del Pil nel 2011) degni di un G-20 e forse anche di un posto tra i Brics. Tanto per il prestigio internazionale che per il benessere del suo stesso popolo...
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