Un regista italiano ha in qualche modo influenzato il genere horror: riscoprì e valorizzò un'antico stile e lo adeguò alla paura, plasmandone la fotografia e cambiandone per sempre la natura.
Il risultato finale aveva una potentissima forza creatrice ed evocatrice. Era talmente maestoso da aver senza dubbio influenzato le più grandi produzioni statunitensi di film horror degli anni'80.
Nel 1977, infatti, nessuno si poteva immaginare la potenza devastatrice di un nuovo film italiano, un'opera cinematografica di un giovane regista, Dario Argento, che diede vita a qualcosa di nuovo, unico nel panorama cinematografico di allora: realizzò Suspiria.
Qualche anno dopo, nel 1986, in America, uscì Vamp (diretto da Richard Wenk con protagonista la cantante Grace Jones) accostabile al capolavoro italiano per tecniche di fotografia. Un film divenuto successivamente un autentico cult, precursore dell'emozionante Dal Tramonto all'Alba. Che ci sia stata una palese influenza? Certo è che l'effetto adottato possiede molti punti in comune con il capolavoro di Argento.
La fotografia di Suspiria, di Luciano Tovoli (la scenografia è di Giuseppe Bassan) è caratterizzata dall'uso di lenti anamorfiche: si trattava di luci ad arco davanti alle quali furono poste stoffe colorate (al posto della comune gelatina) in modo da poter essere avvicinate il più possibile ai volti degli attori e alle pareti degli ambienti fornendo un tono coloristico molto intenso e surreale.
Questa modalità fa si che i colori risultino "gettati" come vernice sui volti dei personaggi e sulle pareti degli ambienti: questo metodo artigianale ha contribuito ad accentuare il tono fantastico, inconscio e irrazionale del film. La pellicola Kodak da 30-40 ASA era infatti a bassissima sensibilità: richiedeva pertanto moltissima luce per essere impressa ma aumentava nettamente la profondità di campo delle immagini.
Queste ultime, di conseguenza, presentano dei colori molto accentuati (dal rosso scarlatto al blu profondo, dal verde smeraldo al giallo ocra).
Se Suspiria era in realtà una delle ultime pellicole a utilizzare queste tecniche ai fini della fotografia e del formato Technicolor, i film americani di quel periodo, grazie all'adozione di questo metodo crebbero esponenzialmente di fascino e successo: trovarono, infatti, in Dario Argento e nell'Espressionismo tedesco, per il loro peculiare utilizzo di simbolismo e contrasto visivo, i più autoriali tra i riferimenti.
Ma ricapitolando: una tecnica che in Italia era ormai obsoleta riusciva, un decennio dopo, a costruire in America atmosfere di tale grandezza da consegnare questi film tra i cult di tutti i tempi? Ebbene si, l'importanza di questa riflessione non sta tanto nella tecnica in se, usata già in film come Il mago di Oz o Via col vento, ma nell'intuizione di Dario Argento di applicarla alla rappresentazione filmica del genere horror. Se per l'onirico, agli albori del cinema, ci avevano già pensato gli autori dell'Espressionismo (poi parzialmente ripresi da Tim Burton) per la rappresentazione di un inconscio sconvolto o di un'orrida realtà (palesemente finzionale ma coinvolgente e lugubre) ci ha pensato la valorizzazione di questa policromia fotografica che ha spalancato le porte ad un genere che l'America ha poi potenziato, sviluppato ed esaltato con quel pizzico di narcisismo tipico del suo costume.
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