venerdì 26 aprile 2013

Siria - Cultura, l'altra vittima della guerra civile


La guerra, signori miei, è una piaga che non guarda in faccia a nessuno.  Che differenza fa per lei se il filo della sua spada passa sul collo di uomo, donna o bambino? Che scrupolo si fa ad abbattere col proprio soffio le mura di un umile dimora o quelle del più glorioso dei monumenti? Perché lo scempio che avviene nella terra siriana tra il silenzio un po’ colpevole dei potenti non si accontenta di falciare migliaia di vite innocenti. Anche le vestigia della storia sono cancellate dal battito di ciglia di battaglie che hanno potuto molto più del respiro dei secoli. Che meraviglie potremmo essere condannati a perdere per sempre nella lunga agonia di Damasco?
Crocevia di popoli, porta di un Oriente ricco di fascino e di esotiche merci, questa Siria ne ha accolte di civiltà dai tempi in cui gli uomini iniziavano appena a raccogliersi in città brulicanti e trafficate. Egizi, babilonesi, romani, bizantini, arabi, ottomani, quante genti l’hanno attraversata, contesa, adorata tra i calori delle sue sabbie e l’effluvio dei mari come giusta ricompensa di un viaggio pur sempre durissimo. Di quell'epoca leggendaria in cui si parlava ancor di Mare Nostrum o dei sultani che per celebrare la vittoria sui crociati abbellivano palazzi e moschee per la gloria di Allah erano rimaste molte tracce che il mondo (Unesco) aveva voluto riconoscere nominando sei luoghi degni di eterna memoria.
Uno di essi si chiama Krak, una fortezza che i cavalieri cristiani giunti da lontano per liberare la Terrasanta vollero irrobustire per tenere d’occhio l’accesso alla Siria e che fino ad oggi sembrava indifferente al trascorrere delle generazioni, destando l’ammirazione di avventurieri a noi più prossimi (Lawrence d’Arabia) che non si sforzavano di contenere il loro incanto. Un’altra è la fiorente città di Palmyra, unica nel suo genere perché dimora di una donna (Zenobia) che osò sfidar l’impero dei latini e seppur per poco fu sul punto di vincere la partita. Ci sono poi le città vecchie di Damasco e di Aleppo, e qui duole dirlo un’esplosione ha sbriciolato di recente il minareto della Grande moschea. E questi sono solo la minima parte di un'eredità millenaria che le bombe e la cupidigia degli sciacalli di lealisti e rivoltosi nascosti dal caos imperante stanno svuotando come l'anima di un Paese già dissanguato dalla lotta senza fine

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