Il resto è storia nota: le forze israeliane abbordarono le navi per costringerle ad arrendersi, ma su una di esse, la Mavi Marmara, l'equipaggio si ribellò finendo per contare tra le sue fila nove morti. Le vittime erano tutti militanti dell'IHH, una ONG turca con sede a Istanbul che con quell'incidente sarebbe divenuta nota in tutto il mondo. Oggi l'associazione ha fatto parlare di sé in termini ancora una volta molto controversi.
La vicenda ha avuto inizio ai primi di gennaio quando il quotidiano Hurriyet aveva pubblicato un articolo in cui si parlava di un sequestro di un mezzo dell'IHH vicino al confine siriano. Nonostante i conducenti sostenessero di stare trasportando degli aiuti umanitari oltre il confine, gli agenti avrebbero invece trovato nel mezzo razzi e munizioni destinate quasi sicuramente ai gruppi ribelli. Poco dopo il nuovo ministro degli Interni, Efkan Ala, si è affrettato a difendere l'ONG, ma ieri la polizia avrebbe perquisito gli uffici dell'IHH a Kili, sempre vicina al confine con la Siria, per far luce sulle loro attività.
Qualcuno dice che il caso IHH sia stato montato ad arte da quello che è diventato il nuovo rivale di Erdogan, Fethullah Gulen, il quale aveva preso una forte posizione critica nello scandalo che ha travolto il premier turco lo scorso dicembre. Comunque sia l'IHH per via delle sue posizioni islamiste era finita da tempo nel mirino di molti analisti internazionali che l'accusavano di fare addirittura proselitismo per la jihad in Siria. Ora se è vero che il governo dell'AKP non ha mai nascosto la sua antipatia per Assad, nel caso fosse dimostrato che un'associazione ideologicamente a lui vicina fosse coinvolta in un traffico illecito di armi diretto ai ribelli, e per giunta la fazione più integralista, Erdogan si troverebbe in una posizione a dir poco imbarazzante.
Nel frattempo la comunità internazionale spera che il difficile dossier siriano possa fare qualche passo in avanti con la Conferenza di Ginevra che si terrà il prossimo 22 gennaio. Proprio oggi molti stati occidentali e arabi hanno concordato in Kuwait, dove si trova il segretario di Stato americano John Kerry, un nuovo pacchetto d'aiuti pari a 1.3 miliardi di dollari.
Ma tra le cancellerie si dice regni il pessimismo sulla causa ribelle. A dimostrarlo, o meglio a seminare incertezza nell'opposizione rappresentata dal Consiglio Nazionale Siriano, sono le voci di funzionari dell'intelligence occidentali che negli ultimi tempi starebbero moltiplicando i contatti con i loro corrispondenti siriani. Motivo di questo riavvicinamento la preoccupazione condivisa con Damasco sul proliferare di gruppi jihadisti tra i ribelli. Per Khaled Saleh, portavoce del CNS, se ciò fosse vero "rivelerebbe una chiara contraddizione tra le parole e le azioni degli Amici della Siria".
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