Nel video, rilasciato domenica dal canale televisivo egiziano Al-Tahrir, si assiste all'arresto di Greste e Fahmy da parte del forze di sicurezza con tanto di musica di sottofondo che rendono la scena molto simile a quella di un film d'azione.
Secondo la rete d'informazione qatarina l'uscita di questo video è un chiaro tentativo di 'demonizzare' i giornalisti critici verso il governo militarista, il quale a sua volta diffida di un organo d'informazione che vede troppo vicino ai Fratelli Musulmani. Il Qatar infatti è stato tra i principali sponsor dei partiti islamisti, vedendo nella loro ascesa durante la primavera araba una ghiotta occasione per controbilanciare l'influenza saudita nell'area.
Con il passare del tempo però il progetto accarezzato da Doha si è concluso in un fallimento, al punto che qualcuno collega lo stallo nella guerra civile siriana e l'imminente caduta del presidente egiziano Mohammed Morsi alla decisione dell'anziano sceicco al-Thani di lasciare a fine giugno 2013 il trono al figlio Tamim.
Nel frattempo proprio in corrispondenza con questa difficile transizionei in Qatar, i giornalisti di Al Jazeera impegnati in Egitto hanno iniziato ad essere perseguitati dal nuovo governo egiziano. Una prima avvisaglia la si ebbe con il cameraman Mohamad Farhat, picchiato selvaggiamente il 28 giugno da una banda conosciuta come Baltagiya, che si occupano di fare il lavoro sporco per la polizia.
Ancora più emblematico fu il successivo 3 luglio, giorno del colpo di Stato militare, durante il quale anche il network finì nel mirino dei militari, che misero in atto una sorta di retata contro il network. Questo portò all'arresto temporaneo di molti membri dello staff di Al Jazeera, mentre gli uffici finirono da allora sotto sorveglianza continua.
Nei mesi seguenti la campagna di persecuzione contro i giornalisti di Al Jazeera avrebbe conosciuto diversi altri episodi, come il ferimento durante una manifestazione del cameraman Mohammad El-Zaki da parte di un cecchino. L'ultimo in ordine di tempo è stato l'arresto il 29 dicembre di Greste e Fahmy, i quali nonostante sia passato più di un mese dal loro fermo attendono ancora di conoscerne il motivo. Per richiamare l'attenzione su questa assurda situazione, i giornalisti di tutto il mondo si sono mobilitati oggi davanti all'ambasciata egiziana di Nairobi, in Kenya, per chiedere la liberazione dei loro colleghi al grido "il giornalismo non è terrorismo". E questo vale anche da queste parti, dove la verità pone domande scomode che per alcuni diventano 'uso criminoso' o fanno scatenare delle risse sul web, ignorando deliberatamente che se un giornalista fosse più accomodante avrebbe anche meno senso d'esistere.
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