Gli incidenti di Caracas non sono un fulmine a ciel sereno, ma seguono una lunga depressione economica di cui si aveva già sentore nell'ultimo periodo di Chavez. La popolazione però ha iniziato a sentirne le conseguenze dopo l'avvento al potere del poco carismatico delfino di Chavez, Nicolas Maduro, che ha vinto le presidenziali con nemmeno 250.000 voti di scarto rispetto al rivale Henrique Capriles del partito Primero Justicia.
Da allora il paese ha incontrato crescenti difficoltà a frenare un'inflazione che nel 2013 è arrivata a toccare quota 56.2%, rendendo più difficile pagare le importazioni di beni e servizi che hanno lasciato molti negozi privi di articoli come latte o carta igienica. Questa drammatica situazione ha inevitabilmente favorito il proliferare di una criminalità che era già tra i livelli più alti al mondo e adesso, in mancanza di una forte leadership politica come quella del defunto Chavez, si presenta in modo molto più acuto del passato.
La crescente insofferenza ha spinto la popolazione a scendere sempre più spesso in piazza, com'è successo alcune settimane fa nelle regioni occidentali di Merida e Tachira, dove gli studenti hanno chiesto a gran voce le dimissioni di Maduro. Sarebbe proprio l'arresto di alcuni di loro ad aver mobilitato le migliaia di persone che mercoledì hanno marciato a Caracas, in direzione del pubblico ministero Luisa Ortega per chiedere la loro liberazione. Dopodiché è scoppiato il caos.
L'opposizione guidata da Capriles e il sindaco di Caracas Antonio Ledezma invita i manifestanti a proseguire la lotta con calma e determinazione. Ledezma in particolare, che è stato finalista del concorso World Mayor 2010 che premia i migliori sondaci al mondo, avverte direttamente il presidente sul fatto che "qualunque cosa farai, quello che è cominciato oggi non si fermerà finché non ci sarà cambiamento attraverso la pace e la democrazia".
Di sicuro neanche Maduro, che dallo scorso novembre ha visto un ulteriore rafforzamento dei propri poteri con la possibilità di legiferare un anno per decreto, è stato con le mani in mano. Per prima cosa se l'è presa con i media "che fanno campagna contro il governo" trasmettendo le immagini della protesta. Una delle prime vittime della repressione è stato il network spagnolo NTN24, che essendosi rifiutato di obbedire alle direttive è stato subito rimosso dai canali via cavo e satellitari. Quindi ha chiesto l'arresto del leader centrista Leopoldo Lopez con l'accusa di essere uno dei responsabili degli scontri di mercoledì, ventilando anche la possibilità di escluderlo a vita dai pubblici uffici. Ma il braccio di ferro tra lui e quello che si profila come il nuovo Venezuela è appena cominciato.
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