sabato 4 agosto 2012

Che fine ha fatto la Turchia in Europa?


Sono passati quasi sette anni dall'inizio ufficiale dei negoziati tra Unione Europea e Turchia per l'adesione di quest'ultima al club di Bruxelles. Il processo di avvicinamento (che risale fin dagli anni sessanta) è stato e continua ad essere lungo e tortuoso per varie ragioni: quella religiosa di chi vuole che l'Unione resti un'entità coesa dalle comuni radici cristiane, quella immigratoria che vede nell'ingresso di Ankara una corsia preferenziale per milioni di immigrati turchi (mentre prima si gridava all'idraulico polacco...), quella politica che osteggia l'entrata di un paese che forte dei suoi ottanta milioni di abitanti sconvolgerebbe gli equilibri del Parlamento europeo.
All'inizio i turchi furono molto dispiaciuti di essere trattati da candidati di serie B rispetto ad un est europeo che è stato invece inglobato a tempo di record. Dovevano sentirlo come una specie di tradimento di quell'occidente a cui dopo il collasso ottomano-asiatico avevano deciso di guardare con crescente insistenza. E così la Turchia di oggi ha deciso di diversificare le sue aspirazioni, tenendo in vita quanto basta il processo di adesione ma sfruttando anche il suo maggiore grado di sviluppo nell'area mediorientale per esercitarvi un'influenza come all'epoca della Sublime Porta.
Oggi questa ristrutturazione strategica, per la quale alcuni hanno coniato appositamente il termine di neo-ottomanesimo, pare aver rovesciato le priorità di una volta. Ciò è particolarmente sentito con la primavera araba di cui Ankara vuole sfruttare la scia di cambiamento e apertura per consolidare la sua presenza in una regione un tempo più inaccessibile. Al contrario l'Unione Europea in crisi non è più un'opportunità tanto appetibile, tanto che il governo turco non ha esitato a provocare Bruxelles interrompendo le relazioni con la Presidenza della Commissione Europea quando questa è stata affidata all'ostile Cipro. Anche il popolo che magari teme di venir contagiato dal ristagno economico dell'Eurozona conferma tale disaffezione con una percentuale favorevole all'adesione scesa in dieci anni dal 76% al 38%.
Questa situazione probabilmente farà comodo a quei burocrati che preferiscono rimandare i negoziati per non assumersi la responsabilità di prendere decisioni impopolari. La Turchia potrebbe essere un buon valore aggiunto per l'Europa, ma i tempi si annunciano veramente molto lunghi. Affrontare la questione con tanta leggerezza potrebbe tuttavia essere deleterio, soprattutto se l'Ue dovesse uscire indebolita dal momento cruciale che sta vivendo attualmente. Perché chi è stato tanto disprezzato potrebbe un giorno tramutarsi in un temibilissimo rivale...

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