Maltrattamenti a sfondo razziale, turni massacranti, rivolte, suicidi per il troppo stress e minori assunti come stagisti per costruire le Wii da esportate in occidente. Negli ultimi anni il colosso taiwanese Foxconn era diventato praticamente l'archetipo della multinazionale che sfrutta senza scrupoli la manodopera a basso costo dei paesi in via di sviluppo per fare soldi in quelli ricchi. E adesso come se volesse in un balzo risalire l'abisso morale in cui era sprofondata, l'azienda ha rilanciato quella che in molti dipingono come una straordinaria rivoluzione di natura sociale.
La più grande azienda al mondo di componenti elettrici ed elettronici che lavora per conto di nomi come Apple, Microsoft, Nintendo o Sony avrebbe infatti deciso d'introdurre nelle sue fabbriche della Cina continentale (13 impianti, di cui un campus di tre chilometri quadrati nello Shenzhen) l'elezione di rappresentanti sindacali. Niente a che vedere dunque con il sindacato alla pechinese (il potente ACFTU) che in pratica sorveglia gli operai per conto del governo e prende soprattutto le parti dei quadri dirigenti in caso di licenziamento o risarcimento da infortuni. Niente di strano visto che buona parte delle industrie è di proprietà statale con dei manager che accumulano tranquillamente cariche istituzionali e aziendali nello stesso tempo.
Alla Foxconn però vorrebbero introdurre un vero organo di rivendicazione come lo intendiamo in Occidente e promettono almeno diciottomila membri sindacali che saranno scelti da più di un milione di dipendenti escludendo i quadri dirigenziali con un esercizio di voto assolutamente inedito nel Paese.
Sulla carta tutto ciò suona molto bene, ma a livello pratico le difficoltà sono molte. Innanzitutto i lavoratori cinesi sono così a digiuno di questioni sindacali, abituati ad associarli automaticamente al Partito, che non hanno nemmeno idea di come usufruirne, tanto che la Foxconn ha previsto addirittura dei corsi d'orientamento tra gli impiegati per rendere l'introduzione la più efficace possibile.
Bisognerà inoltre vedere quanto il governo sarà veramente disposto ad accettare la presenza di un nuovo interlocutore nelle contrattazioni. Inoltre il fatto che sia stata proprio Pechino a concordare una novità del genere con l'azienda fa pensare che le autorità vogliano mantenere comunque un controllo che privi di mordente questo nuovo corpo sindacale. Solo il tempo ci dirà se quest'evento avrà o meno spessore nella lunga e faticosa lotta per i diritti civili nell'Impero di Mezzo.
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