mercoledì 6 marzo 2013

Venezuela - La morte di Chavez apre uno squarcio nella rampante America Latina

La fine di Chavez negli ultimi tempi era quasi annunciata, lo si sentiva nell'aria. I viaggi sempre più frequenti a Cuba per curarsi, un ritorno a Caracas apparentemente incoraggiante se non fosse per un silenzio quasi totale del caudillo che dava già di che pensare. E come ignorare il progressivo cambiamento d'umore del fedelissimo vicepresidente Maduro che dalle rassicurazioni iniziali non riusciva più a nascondere la propria apprensione. Ora per il Venezuela si apre improvvisamente un vuoto che il suo leader carismatico aveva fatto in tempo solo a coprire e non a colmare. Quale futuro attende il dopo-Chavez?

"La malattia che lo ha colpito è stata provocata dai nostri nemici" ha detto Maduro durante il drammatico annuncio sulla morte di Chavez, riferendosi ovviamente agli Stati Uniti. Esiste tuttavia per il vicepresidente una minaccia che non serve trovare al di là del Mar dei Caraibi e si chiama politica interna. Non è passato infatti molto tempo da quell'ultima elezione presidenziale in cui Chavez l'aveva spuntata sul rivale dell'opposizione Radonski con il margine più basso di sempre, ossia dieci punti di vantaggio rispetto ai quasi trenta della tornata del 2006. Non si sa se l'eccellente uscita di scena finirà davvero per giovare a Radosnki che viste le precarie condizioni di salute di Chavez premeva già da alcune settimane per tornare al voto. E non sono poche le incognite che pesano sulle sue effettive capacità di gestire un Paese a lungo plasmato secondo la mentalità bolivariana.
Neanche il partito al governo però gode di buona salute. Intanto bisognerà vedere se Maduro, che non ha certo lo stesso fascino del suo mentore, riuscirà a mantenere gli stessi dieci punti di vantaggio che aveva ottenuto il caudillo sul viale del tramonto. E dovrà ovviamente lottare per non mostrarsi debole tra i suoi alleati, dove un vecchio compagno d'armi di Chavez, il presidente del Parlamento Diosdado Cabello, preme sempre come il candidato "forte" del chavismo che porterebbe nel governo un prevedibile rafforzamento della corrente militarista.
Per il presidente degli Stati Uniti adesso si apre "un nuovo capitolo". Ma è troppo presto per dire se la scomparsa di chi aveva fatto della rivalità con loro un fatto personale, soprattutto per un colpo di stato mai del tutto chiarito del 2002, possa finalmente normalizzare i rapporti tra i due Paesi o al contrario l'incertezza di un sistema rimasto orfano finisca per seminare ulteriore recrudescenza. Una preoccupazione senza dubbio condivisa dagli altri paesi sudamericani a cominciare dalla triade degli alleati venezuelani Bolivia-Ecuador-Cuba, che vedono crescere la loro marginalizzazione nella regione a vantaggio dei nuovi protagonisti come il Brasile e l'Argentina. Entrambi hanno comunque molto da temere per il loro sviluppo in caso di collasso incontrollato dell'asse bolivariano e dell'agitazione che ne seguirebbe contagiando le ampie sacche di popolazione disagiata presenti pure in Brasile e nella turbolenta Colombia. Un cortocircuito capace di ripiombare l'America Latina in un immobilismo che si credeva forse troppo presto di essersi lasciati alle spalle.


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