lunedì 16 aprile 2012

Bedrich - VIII



Che brutta vita quella del cavaliere se non v’è alcun coraggio da provare, quando non c’è nemico da combattere a parte la noia oppur la fame. Ma il buon Bedrichnon ne sapeva niente di questo inconveniente e gli altri ridevano pure del suostupore, che ti credevi di finir subito la guerra, lo canzonavano, che fossesolo gloria e ancor più oro? Allora ne devi veder di cose, povero scemo,continuavano, e poi vedremo se avrai di nuovo tanta fretta.
Ecome succede sempre ogni volta che un gruppo trova chi pare più ingenuo, icompari iniziarono subito a punzecchiarlo e a fargli ripetuti dispetti pervedere fino a che punto la cosa potesse divertire. All’inizio Bedrich ne futurbato, perché era già difficile abituarsi a stare nell’accampamento, masiccome questi imbecilli per lui non avevan poi tanto valore smise presto dicurarsene.
Talesuperbia poteva costargli parecchio davanti a chi il buffone lo fa soprattutto perfregare, ma egli sapeva misurar bene quest’orgoglio perché da servo avevaimparato a non raccogliere le provocazioni e fece spesso buon viso alle lorotrovate. Prima o poi era convinto che si sarebbero stufati o avrebbero trovato qualcunopiù fesso da tormentare.
C’èda dire poi che di problemi ne aveva di molto più gravi, altro che stare adiscutere con quegli idioti! Tra la marce che non finivano mai, lo stomacovuoto e il chiasso continuo che lascia rimbambiti a fine giornata gli venivaaddirittura da rimpiangere il lavoro nel campo di casa sua. Tanto era duro chenella prima settimana non era mancato chi dei nuovi fosse già crollato dallastanchezza e nell’altrui indifferenza era rimasto per terra in agonia e senzanemmeno la pietà di una sepoltura.
Bedrichnon fu tra questi disgraziati, la testardaggine l’aveva lasciato in piedi evoleva dimostrare ai cretini dei suoi compagni che non era il pivello che sipensavano. Non era certo indifferente al proprio strazio, si era sciupato moltoe a vederlo non c’era da star così sicuri che arrivasse molto lontano, mavederlo ancora lì cocciuto a stringere i denti gli fece guadagnare un po’ dirispetto e gli attirò le prime amicizie con quelli che come lui erano arrivatida poco ed erano comunque sopravvissuti.
Unabenché magra consolazione visto che il suo calvario era ben lungi dal concludersie tantomeno aveva idea di dove fossero diretti. A dire il vero nessuno tra letruppe lo sapeva bene, tranne i capitani che avevano parlato di andare a combatteredei barbari del nord che indossavano pellicce e si nutrivano di quello chetrovavano nei boschi come i selvaggi. L’immagine aveva un che d’inquietante e moltitremavano al pensiero d’imbattersi in loro, poiché gli ricordavano le storieche anche Bedrich aveva sentito da piccolo: racconti che parlavano di genti acavallo venute da lontano, dei mostri pelosi e assetati di sangue che davanofuoco a ogni villaggio che incontravano e vi ammazzavano tutti quanti.
Bene,si disse eccitato il buon Bedrich, alquanto pare andrò a combattere il diavoloin persona! Ormai era diventato un vero fanatico, pronto a sacrificarsi per ilsuo Re e per il Signore che gli aveva dato una missione che più onorevole nonpoteva essere. Questo giustificava le fatiche, le rinunce, finanche lestronzate dei suoi compari, tutto serviva a prepararlo. La fame doveva averlofatto proprio impazzire o forse era una qualche febbre che si era preso per lefatiche e il freddo crescente. Eppure il diavolo lo vide davvero e quell’incontrolo deluse alquanto.




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