domenica 29 aprile 2012

Bedrich - X




Non tutte le fanciulle morirono in quel saccheggio, ma questo non era certo una fortuna migliore perché i soldati allora se le portavano dietro per renderle spose o innocuo passatempo. Alcune si adattavano in fretta, ma altre ne soffrivano ammalandosi lungo la strada e si trascinavano magre e pallide fino a crollare senza più fiato.
A peggiorar le cose da un pezzo non si vedevano più strade, mentre le pianure lasciavano il posto prima a terreni sassosi quindi a foreste alte, fitte e sterminate dove per giorni il sole faceva capolino solo dalle cime degli alberi. Da una parte era meglio perché si trovava più cacciagione, ma era scomodo dovendo stare tutti attaccati per non perdersi e scaldarsi la notte, che anche se era primavera continuava a essere inclemente e pullulava di fiere che con i loro continui richiami inquietavano non poco il sonno. 
Passarono molti giorni in mezzo a quegli alberi, lasciando segni o tagli sulle cortecce per capire se tornavano indietro e all'occorrenza cambiare direzione. E questo succedeva spesso, tanto che molti dicevano non si poteva proceder tentoni a quel modo e che ci voleva un esploratore. Alla trovarono lo trovarono pure, peccato che fosse un tipo che quando parlava non si capiva bene e per guidarli doveva gesticolare come ai bambini, ma a loro andava bene purché si uscisse da quel labirinto.
Il buon Bedrich incuriosito da come l'esploratore si orientava e si avvicinò per conoscerlo, scoprendo che non era muto o deficiente, ma solo un tedesco di nome Ulrich che non aveva mai voluto imparare il polacco, tanto non gli andava di parlare molto col suo caratteraccio che per poco gli era costato anche la forca. Era per quello spiegò che si era fatto soldato, e a Bedrich non parve strano visto il triste spettacolo dato dai compagni a quel villaggio, e poi non gli dava impressione di esser cattivo e proseguì ad imitarlo, chiedendo   perché scegliesse questo percorso e non l’altro o si metteva alla prova a suggerendo per primo dove andare.
La sera per passar il tempo i soldati si raccontavano storie e anche voci sulla guerra che andavano a combattere, così che Bedrich prendendo le parti che si somigliavano ne ricavò un’idea che fosse più attendibile. Si diceva che questi barbari fossero da anni senza un capo e i baroni lasciati sciolti avevano iniziato ad ammazzarsi tra loro con l’inganno o il tradimento. Tutti concordavano che fossero ignobili e non si erano crucciati di offendere un re come Sigismondo, che prima gli aveva mandato una guarnigione in soccorso e poi i cittadini ingrati si rivoltarono pure contro quella. Il loro compito era proprio di salvare i soldati dai moscoviti, ma in molti non credevano tanto di arrivare in tempo o di arrivare soltanto invece di perder traccia in Tataria o giù di lì.
Un giorno finalmente i soldati uscirono allo scoperto e alla vista di nuove e immense praterie urlarono di gioia e si sparpagliarono come uccelli che vengono liberati dalle gabbie. I capitani si dettero un bel da fare a ordinargli di non fare tanto chiasso o di serrare nuovamente la colonna, ma nessuno gli dava retta e alla fine sapendo di non essere ancora in terra nemica li lasciarono sfogare com’era giusto che fosse, riprendendoli più tardi con le buone o le minacce. 
La prudenza non era mai troppa e un mattino infatti mentre fiancheggiavano un bosco si trovarono una grande ombra a bloccargli la strada che meravigliò il capitano: o i suoi calcoli erano sbagliati o quella era un’incursione bella e buona. Ma non c’era tempo per capacitarsene, che quegli sconosciuti in un baleno montarono in sella e li caricarono con le lance sguainate. E al povero Bedrich, per la paura, mancava la forza di stringer la picca che aveva in mano. 


Per leggere la storia dall'inizio cliccare su C'era una volta Bedrich  

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