sabato 1 settembre 2012

La ritirata del Bolivar


I leader sono figli del momento storico e in mancanza della capacità di adattarsi ai venti che cambiano arriva inesorabilmente il momento che i riflettori che contano si spostano altrove. Uno di essi potrebbe essere Hugo Chavez, il presidente di un Venezuela che si era distinto soprattutto per essere stato uno dei pochi statisti ad opporsi apertamente all'America anche nella fase più muscolare dell'amministrazione Bush jr.
Poco ci mancava che il Venezuela, reo soprattutto di voler controllare le proprie risorse petrolifere, non venisse inserito nell'asse del male assieme a Iraq, Iran o la Corea del Sud. E a questo riguardo permangono ancora dei dubbi sul coinvolgimento o meno di Washington nel colpo di stato che per poco non ha rovesciato il governo di Caracas nel 2002.
Di sicuro con le sue provocazioni Chavez si era guadagnato la stima di quanti contestavano l'imperialismo americano e i suoi valori, diventando un mito di chi voleva invertire la rotta di un capitalismo che il trionfo sulla guerra fredda aveva reso ancor più aggressivo e prevaricatore. Quando i suoi più acerrimi nemici hanno iniziato ad uscire di scena però la stella del novello Bolivar ha mostrato di brillare perlopiù di luce riflessa, laddove altri protagonisti pur muovendosi con discrezione hanno saputo ritagliarsi alla fine un ruolo più decisivo nella regione.
L'ultimo biennio in particolare ha visto il duetto Caracas-L'Avana perdere progressivamente terreno a vantaggio della triade Brasile-Argentina-Messico, la quale si candida a nuovo motore di un Sud America prospero ed assertivo. Al danno si aggiunge anche la beffa del vecchio alleato Rafael Correa, il presidente ecuadoriano, che scegliendo di concedere asilo politico al giornalista di Wikileaks, Julian Assange, gli ha rubato la scena con una facilità sorprendente.
Chavez ha certamente contribuito a ridare orgoglio ad un'America Latina lungamente subordinata agli Stati Uniti, ma difficilmente potrà recuperare il carisma di una volta, neppure dopo un'eventuale rielezione ad ottobre che sta cercando faticosamente di ottenere tra la stanchezza generale e le ultime calamità che hanno colpito i suoi campioni petroliferi.

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