martedì 23 ottobre 2012

Dilemma lumbard


La caduta di un regno finisce inevitabilmente per scatenare una resa dei conti tra i suoi protagonisti. Poteva allora Roberto Formigoni, signore incontrastato della Lombardia dagli albori dell'era berlusconiana fino alle indagini che ne hanno travolto la giunta, non togliersi qualche sassolino prima di concludere la sua avventura politica. O vedendo il suo aperto malumore per i movimenti dei suoi ex-alleati dobbiamo piuttosto parlare di una specifica avventura quale l'esperienza avuta con il Pdl?
A seminare discordia ci ha pensato la Lega Nord che non ha aspettato molto per candidare il suo nuovo segretario Roberto Maroni alla presidenza della regione. Conquistare la Lombardia potrebbe essere infatti un trampolino per rilanciare un partito anch'esso duramente compromesso da scandali e ritiri eccellenti. Non la pensa così una parte del Pdl che nel complesso ne esce spaccato.
Se Formigoni preme per votare entro Natale ed eliminare i listini che hanno permesso l'ingresso a via Melchiorre di personalità discutibili come la Minetti, il segretario Angelino Alfano al contrario cerca di prendere tempo adducendo la necessità di riorganizzare le file. Chissà che nel frattempo non tenti pure di rinegoziare l'alleanza con la Lega in cambio della rinuncia a presentare un suo candidato (Albertini, per esempio). Il problema è se ritornare ai vecchi e rassicuranti equilibri sia una moneta effettivamente spendibile per un'elettorato disillusso che non verrebbe certo stimolato da una sgradevole sensazione di già visto. Nel paese dell'antipolitica montante quello che serve ai partiti per conquistare la gente sono delle scelte coraggiose, le quali in un primo momento possono rappresentare un azzardo e non è detto che si concludano bene. Ma per il Pdl varrebbe comunque la pena di scommettere se non vuole che a forza d'indugiare negli stessi schemi lo attenda una lenta ma irreversibile agonia.

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